LA PRIMAVERA RIACUTIZZA ALCUNE PATOLOGIE?

 

Abbiamo sentito tutti i nostri nonni o i genitori dire che in primavera o con i cambi di stagione e di temperatura i sintomi di alcuni dolori si riacutizzano.

Se abbiamo pensato che fosse una semplice credenza popolare purtroppo abbiamo sbagliato: è una saggezza popolare che è stata confermata da alcuni studi, anche da parte di studiosi argentini.

I cambi di stagione hanno come caratteristica l’instabilità climatica che tradotta in sintomi sul nostro organismo significa:

  • dolori non specifici
  • irritabilità
  • mal di testa
  • sindromi ansioso-depressive
  • disturbi del sonno
  • tachicardia
  • stanchezza generalizzata

Viene chiamata anche “sindrome meteoropatica”, cioè un disturbo che si manifesta in occasione dei cambiamenti del tempo, specie quando questo cambia velocemente o ha momenti estremi come quando in una giornata si alternano pioggia e sole, caldo e freddo, oppure nelle giornate particolarmente afose, calde o ventose: insomma, nei cambi di stagione.

Sono molti gli studi che confermano che i dolori a ossa e tendini e muscoli si sentano di più con l’arrivo delle perturbazioni. Si SENTONO perché i recettori sono più sensibili.

Anche coloro che soffrono di dolori reumatici soffrono di questa accentuazione dovuta alla sindrome meteoropatica, soggetti che soffrono di osteoartrite, fibromialgia, artrite reumatoide.

Ogni patologia ha un suo specifico rapporto con il clima:

  • i fibromialgici risentono maggiormente delle basse temperature e della variazione della pressione atmosferica
  • i soggetti con osteoartrite soffrono in presenza di freddo e umido
  • i malati di artrite reumatoide invece soffrono con il freddo, l’alta pressione e l’umido

Anche i soggetti sclerodermici non trovano beneficio dagli sbalzi termici in quanto i repentini abbassamenti di temperatura favoriscono i fenomeni di Raynaud e la rigidità articolare.

Tendini, guaine e borse soffrono della variazione termica e climatica, provocando fastidio in particolare all’inizio del movimento, quando le articolazioni sono “fredde”. Ciò causa rallentamento dell’attività motoria, con conseguente aggravamento di stati già esistenti di rigidità o dolore.

La FISIOTERAPIA  aiuta perché con la mobilizzazione, la rieducazione posturale, la rieducazione al movimento e al risparmio articolare si riesce ad affrontare questi momenti e a superarli senza perdere mobilità o tono muscolare, oltre che a mantenere elastiche le articolazioni.

Il sano movimento mantiene alte le endorfine e permette quindi un benessere generale, anche a livello emotivo.

Potete poi provare i rimedi “della nonna” che sono sempre fonte di eterna saggezza -oltre che trovare riscontri scientifici-:

  • dieta ricca di vitamine e tisane rilassanti
  • diminuite ansia e stress con passeggiate all’aria aperta o attività ricreative
  • vestitevi a strati per adattarvi ad eventuali cambi improvvisi di temperatura ( chi soffre di fenomeno di Raynaud tenga sempre un paio di guanti a portata di mano)
  • programmate gli impegni in base alle previsioni del tempo

DOLORI CERVICALI E TENSIONE AL DIAFRAMMA

DOLORE AL TRATTO CERVICALE E TENSIONE AL DIAFRAMMA

Che correlazione c’è tra dolore al tratto cervicale e il muscolo diaframma? Un muscolo della respirazione ha correlazione con dolori ad un tratto di colonna che non tocca? La risposta è SI, IL DIAFRAMMA PUO’ INFLUENZARE I DOLORI AL TRATTO CERVICALE.

Il diaframma è un muscolo respiratorio che si posiziona come una cupola tra il nostro torace e l’addome, dal punto di vista anatomico si attacca all’interno dello sterno, sulle prime 4 vertebre lombari e sull’arcata costale per le prime 6 costole, e tramite il sistema fasciale è strettamente connesso al tratto cervicale sul quale esercita una azione tipo cravatta: tira in basso e in avanti se vi sono delle tensioni a livello diaframmatico.

Quando inspiriamo, quindi quando tiriamo dentro l’aria, il diaframma si abbassa, espande il torace e spinge gli organi che si trovano sotto di esso nella pancia. Quando invece espiriamo, quindi quando l’aria esce, il muscolo ritorna passivamente alla sua posizione.

Il diaframma è il principale muscolo della respirazione, ma ha anche altre funzioni: aumenta la pressione addominale per aiutare il corpo a liberarsi, per esempio nei casi di vomito, di minzione urinaria e defecazione, quando “spingete” chiamate in causa il diaframma insieme alla muscolatura addominale, ed esercita anche una pressione sull’esofago per prevenire il reflusso.

L’importanza del diaframma per il nostro corpo va sottolineata anche in correlazione al suo collegamento con 3 importanti sistemi:

  • Sistema nervoso, attraverso le sue relazioni con il nervo vago;
  • Sistema circolatorio, cioè l’insieme di arterie e vene che passano nell’addome;
  • Apparato locomotore, perché a livello fasciale il diaframma è collegato alle vertebre cervicali, alle vertebre lombari, allo sterno e alle costole.

 

I problemi correlati al diaframma sono causati da schemi respiratori “difettosi” che comportano il reclutamento di muscoli che sono addetti ad altri compiti o che sono di supporto e non usati sempre per sopperire ad un problema.

Per esempio: se il diaframma è molto teso il suo effetto a cravatta sarà importante e ne consegue che il collo verrà portato in avanti e in basso con un aumento della cifosi dorsale. L’aumento della cifosi causa una estensione del tratto cervicale per portare gli occhi a guardare in avanti e quindi una maggior tensione della muscolatura estensoria cervicale, con conseguente dolore e tensione. Insieme a questo potrebbero presentarsi anche problemi digestivi perché le prime vie digestive vengono compresse dalla flessione del dorso -la cifosi-.

Il diaframma poi può essere disturbato anche da problemi interni come:

  • Ernia, iatale o diaframmatica
  • Crampi e spasmi
  • Singhiozzo
  • Danni al nervo frenico
  • Cause digestive
  • Stress: la sua connessione con il nervo vago lo rende un muscolo molto emotivo
  • cause discendenti: tra esse ricordiamo eccessive tensioni a livello della muscolatura della masticazione -ATM- e del collo,

 

CHE SINTOMI POSSIAMO AVERE?

Tra i principali sintomi di dolore cervicale che dipendono dal muscolo diaframma possiamo trovare:

  • Dolore a livello del tratto cervicale
  • Rigidità dei muscoli del collo
  • Dolore a livello del tratto lombare
  • Dolore tra le scapole
  • Sensazione di ansia e tachicardia
  • Sensazione di fame d’aria

CHE FARE PER RISOLVERE LE TENSIONI?

Individuare la causa della tensione dei muscoli cervicali e del diaframma ci consente di agire efficacemente sul problema.

L’azione infatti è spesso congiunta a livello di fisioterapia, con terapia manuale e terapie fisiche, a livello mi presa di coscienza delle tensioni emotive con un approccio psicologico, a livello nutrizionale valutando se la dieta che stiamo seguendo sia la più appropriata al nostro corpo.

Per quanto riguarda la fisioterapia, essa può ricorrere all’utilizzo integrato di:

  • Tecniche di terapia manuale
  • Terapie fisiche ad alta tecnologia
  • Esercizi terapeutici personalizzati per migliorare la performance motorie sia dei muscoli cervicali che del muscolo diaframma

Imparare a usare il diaframma per la respirazione può portare molti benefici alla nostra salute. La respirazione diaframmatica è rilassante, rallenta il metabolismo del corpo e porta il sistema nervoso ad una modalità di riposo e rilassamento.

RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA

Sapete che la respirazione diaframmatica può portare benefici non solo a livello muscolare ed emozionale ma può aiutare ad abbassare la pressione arteriosa?

Meglio se fatta al mattino e alla sera, per iniziare bene la giornata e per chiuderla con un momento di rilassamento che favorisce anche il sonno e il rilassamento dei muscoli del collo.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

Dolore e formicolio alla mano, specie notturno che tiene svegli la notte? Potrebbe essere la SINDROME DEL TUNNEL CARPALE.

È una sindrome piuttosto diffusa, soprattutto nelle persone con più di 40/45 anni, frequentemente nelle donne, e anche durante la gravidanza.

E’ una neuropatia cioè una sofferenza di un nervo, causata della compressione a livello del tunnel carpale del nervo stesso. Le cause che scatenano questa compressione possono essere diverse e molteplici, i sintomi invece sono in genere abbastanza tipici e riconoscibili.

Ma cos’è il tunnel carpale e perché in alcuni casi avviene questa compressione del nervo?

Il tunnel carpale si chiama così perché ricalca la forma di un tunnel, una sorta di arco situato fra il polso e il palmo della mano attraverso il quale passano nove tendini e un nervo. Il nervo in questione che poi causa la sintomatologia è il nervo mediano, un nervo che parte all’altezza dell’ascella e si dirama alle prime tre dita della mano  e a mezzo anulare.

Il nervo mediano ha una funzione sensitiva, cioè permette la sensibilità nelle dita, e motoria, cioè permette di muoverle.

Lo spazio del tunnel in questione è molto esiguo, ci devono passare nove tendini e il nervo, percio’ un’alterazione anche minima (come può essere per esempio la ritenzione idrica in gravidanza) può causare la compressione del nervo mediano e l’insorgere della patologia.

Quando lo spazio carpale non è sufficiente si ha un aumento della tensione e della compressione del nervo mediano. Questo implica una diminuzione del flusso sanguigno che, a sua volta, porta a limitare la conduzione nervosa.

Così il nervo non riesce a svolgere più bene il suo lavoro, sia di movimento che di sensibilità nella mano, e il paziente inizia ad avvertire i tipici sintomi di questa sindrome.

SINTOMI

Questa sindrome può portare a:

  • dolore più o meno intenso, al polso, alla mano ma anche all’avambraccio e alla spalla
  • formicolio e intorpidimento alle prime tre dita
  • alterazione della sensibilità e della forza

CAUSE

Le cause della sindrome possono essere di varia natura e anche sovrapporsi e, per curare la neuropatia, il primo passo è individuarle.

  • Predisposizione anatomica: chi ha il tunnel carpale molto stretto è più predisposto alla sindrome, anche se questa regola non è assoluta.
  • Altre patologie: patologie come diabete, insufficienza renale, ipotiroidismo, artrite reumatoide, obesità influiscono sulla regolazione degli ormoni o generano ritenzione idrica, fattori che possono provocare gonfiore e quindi una diminuzione nello spazio del tunnel carpale. In questi casi la cura dovrà concentrarsi sulla patologia che causa la sindrome e non direttamente sul tunnel carpale, anche se in alcuni casi è bene intervenire comunque subito per diminuire la sintomatologia finchè la patologia che la scatena non è sotto controllo.
  • Gravidanza: anche la gravidanza genera ritenzione idrica e gonfiore, per questo spesso le donne iniziano a riferire i sintomi della sindrome negli ultimi mesi di gestazione o in allattamento. È uno stato momentaneo che però va affrontata dato che a volte pregiudica l’accudimento del bambino e il sonno della neomamma già provato dal neonato.  In genere i sintomi i sintomi svaniscono poco dopo il parto/allattamento con il ritorno alla situazione ormonale non gravidica.
  • Traumi o fratture: se in seguito ad un trauma o una frattura si modifica l’anatomia del polso, può accadere che il nervo si ritrovi compresso mentre prima aveva lo spazio necessario.
  • Movimenti ripetuti del polso e della mano: le persone che suonano alcuni strumenti musicali, che usano per molte ore al giorno il computer o che utilizzano degli strumenti vibranti sul lavoro, sono più predisposti alla STC.

 

DIAGNOSI E VALUTAZIONE FUNZIONALE

Esistono diversi test con cui individuare la sindrome e distinguerla da altre patologie. Per esempio i test di Phalen e Tinel, il test di compressione e il test di elevazione. Sono dei semplici test di posizione e movimento, che il professionista può eseguire in ambulatorio dando istruzioni al paziente, senza l’utilizzo di alcuno strumento particolare.

La diagnosi viene effettuata dal medico fisiatra o dall’ortopedico che possono anche richiedere l’esecuzione di un esame specifico come l’elettromiografia.

I raggi X, la risonanza magnetica o l’ecografia possono invece in alcuni casi aiutare a chiarire l’eziologia, ovvero la causa che origina la compressione.

Una volta fatta la diagnosi, si imposta il piano di trattamento per curare la patologia.

 

TRATTAMENTO: FISIOTERAPIA O CHIRURGIA?

Per curare la sindrome del tunnel carpale si possono individuare due strade:

  • il trattamento fisioterapico;
  • o il trattamento chirurgico.

In genere se la patologia è lieve, moderata, il trattamento conservativo con la fisioterapia è la prima scelta. Cosa fa di preciso il fisioterapista?

Il fisioterapista in genere adotta un approccio multimodale per il trattamento.

  • Laserterapia: in fase acuta per ridurre il dolore e l’infiammazione
  • terapia manuale: può lavorare sulla mobilizzazione delle ossa carpali e dei tessuti molli miofasciali, per agevolare lo scorrimento tendineo e nervoso
  • kinesio-tapingaiuta a migliorare lo spazio nel tunnel carpale
  • ultrasuono, in acqua o a contatto per sfiammare e drenare
  • tecar terapia: sfiamma, aiuta i tessuti a guarire prima e drena l’accesso di liquidi

Nella terapia conservativa rientrano anche le infiltrazioni o l’assunzione di farmaci per bocca, che possono essere efficaci nel breve termine, anche se non risolutivi, che vanno però valutati dai medici specialisti.

Quando il trattamento conservativo non risulta efficace, ci sono delle recidive o il quadro è fin da subito complesso, il professionista può consigliare l’intervento chirurgico.

L’intervento chirurgico per la sindrome del tunnel carpale consiste nel tagliare la fascia di tessuti che racchiude il nervo mediano e i nove tendini, in questo modo lo spazio dedicato al passaggio di queste strutture si allarga. Sembra una gran cosa ma si tratta di un intervento poco invasivo e relativamente semplice. Dopo l’operazione le recidive sono rare, sempre che venga fatta bene la riabilitazione post-intervento, necessaria per consolidarne la buona riuscita.

COMPLICAZIONI

Post intervento è importate trattare il polso per tornare a muovere in modo corretto l’articolazione dato che spesso si arriva all’intervento dopo mesi di riduzione dell’ampiezza di movimento a causa del dolore e dalla diminuzione della sensibilità.

Il lavoro però va anche ad assicurare che la CICATRICE che si forma sia morbida e non vada ad invadere i piani sottostanti creando una diminuzione del movimento e altri problemi associati che vanno ad inficiare il buon esito dell’intervento. Utile alla presentazione di aderenze è l’utilizzo da parte del fisioterapista della tecnica del CUPPING che va a “staccare” le eventuali aderenze e ad irrorare il tessuto post intervento.

CISTI TENDINEA O CISTI SINOVIALE

CISTI TENDINEE O CISTI SINOVIALI

 

Una cisti tendinea, o cisti sinoviale, è, come dice il nome stesso, un rigonfiamento pieno di LIQUIDO SINOVIALE che si sviluppa accanto a un’articolazione o un TENDINE. Il liquido sinoviale è denso, appiccicoso, incolore e di consistenza gelatinosa, ed è una sostanza fisiologicamente presente in tutte le ARTICOLAZIONI sinoviali, la cui funzione è preservare da attriti e sfregamenti le diverse componenti articolari. 

Le dimensioni di una cisti tendinea variano da caso a caso: alcuni individui sviluppano cisti tendinee grandi quanto un pisello, altri della grandezza di una pallina da ping pong. 


Le cause della formazione sono poco chiare; l’ipotesi più accreditata è che tali rigonfiamenti siano dovuti a TRAUMI precedenti o a difetti della struttura articolare e/o tendinea.
si presentano con maggior frequenza nelle donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni. Sono spesso ASINTOMATICHE ma quando sono sintomatiche, quando cioè creano dolore, causano, oltre a dolore, formicolio, intorpidimento e DEBOLEZZA MUSCOLARE.
Le cisti tendinee si presentano più frequentemente su: il dorso della mano, il polso e il palmo del polso. Ma possono presentarsi anche su ginocchia, caviglie e dorso dei piedi.
Se la cisti tendinea è asintomatica può non richiedere alcun tipo di terapia, se invece è dolorosa o limita il movimento si può ricorrere ad un trattamento fisioterapico o medico.

 

DIAGNOSI e TRATTAMENTO

 

Spesso sono sufficienti l’esame obiettivo e l’anamnesi. Se però il medico volesse prescrivere esami strumentali i più frequenti sono l’ecografia e la RMN.

Una volta fatta la diagnosi si può procedere con un piano riabilitativo che prevede

  • TERAPIE FISICHE 
  • ULTRASUONOTERAPIA
  • LASERTERAPIA
  • TECARTERAPIA
  • ELETTROTERAPIA

 

Per poi passare alla RIEDUCAZIONE DEL MOVIMENTO CORRETTO ed al RECUPERO DELLA FORZA

 

In alcuni casi si deve ricorrere all’intervento chirurgico per rimuovere o svuotare la cisti.

Anche dopo l’intervento si consiglia il passaggio dal fisioterapista di fiducia per ripristinare il corretto movimento dell’articolazione interessata dalla ciste.

SPALLA CONGELATA O FROZEN SHOULDER o CAPSULITE ADESIVA

SPALLA CONGELATA, FROZEN SHOULDER O CAPSULITE ADESIVA: TRE DEFINIZIONI PER LA STESSA PATOLOGIA

CAUSE DELLA SPALLA CONGELATA

Le cause della spalla congelata sono ancora sconosciute, si evidenziano però dei fattori di rischio che in genere ne precedono o facilitano l’insorgenza. 

Questi sono:

  • Età compresa tra i 40 e i 60 anni;
  • Sesso femminile più colpito rispetto al maschile
  • traumi locali precedenti l’insorgenza della capsulite come, per esempio, traumi a cui non segue una adeguata fisioterapia per un corretto recupero, o interventi chirurgici di sutura tendinea senza adeguata riabilitazione
  • problemi neurologici tra i quali il morbo di Parkinson, e la malattia di Alzheimer
  • problemi metabolici come diabete, disfunzioni tiroidee e patologie autoimmuni;
  • ripetizione eccessiva di movimenti, specie se scorretti o entro range eccessivi;
  • infiammazioni generalizzare come ad esempio sindromi influenzali
  • problemi posturali, ad esempio anteposizione marcata delle spalle

molto spesso il movimento più compromesso durante la capsulite è la rotazione esterna, con forte limitazione dolorosa anche dei movimenti sugli altri piani di movimento. E’ però importante effettuare una valutazione specifica per ogni quadro clinico e ogni individuo dato che in ogni quadro si evidenziano delle peculiarità che vanno trattate singolarmente.

 

FASI DELLA SPALLA CONGELATA

Nella manifestazione della spalla congelata vi è la presenza di tre fasi ben distinte:

  1. fase di congelamento: dura dai 2 ai 9 mesi, il dolore è la componente principale insieme alla riduzione della mobilità. Le attività quotidiane sono compromesse ma possibili dato che il movimento inizia ad essere compromesso ma prevale il dolore sia nei movimenti attivi che passivi;
  2. fase congelata, dai 4 ai 12 mesi: in questa fase prevale il problema articolare a quello doloroso, c’è una forte limitazione del movimento con presenza tollerabile di dolore. Le attività quotidiane risultano più compromesse nel loro svolgimento.
  3. fase di scongelamento, dai 5 a 24 mesi: questa fase è  più lunga, c’è una graduale riduzione del dolore e un graduale recupero della mobilità della spalla sia in movimenti attivi che passivi.

MOBILIZZAZIONE SPALLA

MOBILIZZAZIONE SPALLA

DIAGNOSI DELLA SPALLA CONGELATA

La diagnosi viene effettuata dal medico il quale, durante la visita, effettuerà dei test clinici ortopedici e successivamente se lo riterrà opportuno potrà richiedere Rx, Risonanza magnetica e tac, questi però spesso non sono rivelatori quanto invece i test clinici.

 

TRATTAMENTO DELLA SPALLA CONGELATA

Il trattamento della spalla congelata è FONDAMENTALE  per risolvere velocemente e bene il problema. Per fortuna la spalla congelata risponde, nella maggior parte dei casi, al trattamento conservativo quindi riabilitativo. A volte invece non è sufficiente e si deve arrivare ad un approccio chirurgico.

In sede di valutazione fisioterapica il fisioterapista andrà a valutare:

  • la sede del dolore: non tutte le spalle congelate presentano dolore esattamente nello stesso punto;
  • il tipo di dolore alla spalla;  
  • i movimenti che scatenano il dolore stesso.

Dopo questa valutazione potrà elaborare un piano terapeutico specifico e individuale.

TERAPIE FISICHE

Le terapie fisiche che possono essere utilizzate nel trattamento sono: 

  • LASERTERAPIA
  • TECARTERAPIA
  • ULTRASUONI
  • ONDE D’URTO
  • CORRENTI ANTALGICHE
TECAR PER SPALLA

TECAR PER SPALLA

Il PROGRAMMA TERAPEUTICO è diviso in tre fasi:

  1. riduzione del dolore e dell’infiammazione, con l’utilizzo di terapie fisiche e tecniche di terapia manuale, osteopatia e cinesiterapia;
  2. recupero della mobilità e del movimento, oltre alle tecniche terapia manuale viene inserito l’esercizio terapeutico;  
  3. stabilizzazione dei sintomi, concentrando l’attenzione sull’aumento delle performance motorie, andando ad inserire esercizi a difficoltà crescente.

TAO PATCH

𝐓𝐀𝐎𝐏𝐀𝐓𝐂𝐇 𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐝𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐢𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐨, 𝐜𝐞𝐫𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐦𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐮𝐭𝐞

E’ che è  in grado attraverso la 𝐍𝐀𝐍𝐎𝐓𝐄𝐂𝐍𝐎𝐋𝐎𝐆𝐈𝐀 di trasmettere fotoni  (luce terapeutica) al corpo umano attraverso la sua applicazione su punti dolorosi o che danno squilibrio al corpo.

Il suo costantemente stimolo (può essere portato 24 ore al giorno) è come un 𝐋𝐀𝐒𝐄𝐑 𝐀 𝐁𝐀𝐒𝐒𝐀 𝐏𝐎𝐓𝐄𝐍𝐙𝐀 che si indossa 720 ore al mese.

Quali sono i suoi effetti  ?

𝟏 𝐌𝐈𝐆𝐋𝐈𝐎𝐑𝐀 𝐋𝐀 𝐏𝐎𝐒𝐓𝐔𝐑𝐀

𝟐 𝐌𝐈𝐆𝐋𝐈𝐎𝐑𝐀 𝐋𝐀 𝐐𝐔𝐀𝐋𝐈𝐓𝐀’ 𝐄 𝐀𝐌𝐏𝐈𝐄𝐙𝐙𝐀 𝐃𝐄𝐋 𝐌𝐎𝐕𝐈𝐌𝐄𝐍𝐓𝐎

𝟑 𝐀𝐔𝐌𝐄𝐍𝐓𝐀 𝐋’𝐄𝐐𝐔𝐈𝐋𝐈𝐁𝐑𝐈𝐎 𝐄 𝐋𝐀 𝐅𝐎𝐑𝐙𝐀

𝟒 𝐃𝐈𝐌𝐈𝐍𝐔𝐈𝐒𝐂𝐄 𝐋𝐀 𝐓𝐄𝐍𝐒𝐈𝐎𝐍𝐄 𝐌𝐔𝐒𝐂𝐎𝐋𝐀𝐑𝐄 𝐄 𝐐𝐔𝐈𝐍𝐃𝐈 𝐃𝐈𝐌𝐈𝐍𝐔𝐈𝐒𝐂𝐄 𝐈𝐋 𝐃𝐎𝐋𝐎𝐑𝐄

C’è quindi un aumento del benessere globale, della concentrazione e la qualità del sonno .

TAO PATCH ROBERT DOWNEY

TAO PATCH ANCHE IN CALIFORNIA

Vengono applicati in alcuni punti specifici favorendo da subito il riequilibrio muscolare del bacino e della colonna, si applica sulla cute con ausilio di un nastro cerotto e può essere tolto riposizionato in altri punti, resiste all’acqua e gli urti.

È un dispositivo che ti accompagna 24 ore su 24 quindi in tutte le fasi della giornata in cui il nostro corpo sottoposto allo stress e cattive abitudini posturali.

Il suo effetto è IMMEDIATO, durante la PRIMA VALUTAZIONE si eseguono test di equilibrio, di forza e di movimento (il tutto misurato meticolosamente), SI APPLICANO I DISPOSITIVI e dopo due minuti si rifanno i test con i dispositivi E SI SENTE SUBITO IL MIGLIORAMENTO.

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Per ulteriori informazioni potete consultare la pagina della tao patch di cui vi alleghiamo il link, sui social potrete inoltre trovare varie interviste del fondatore, Fabio Fontana, che vi spiega il suo utilizzo.https://www.taopatch.com/page/la-tecnologia-taopatch/

TALLONITE

TALLONITE

La tallonite è un’infiammazione che colpisce il tallone e la parte posteriore del piede in generale.

In genere il dolore si manifesta maggiormente al mattino, ai primi passi appena alzati dal letto, tende a diminuire dopo i primi passi e si ripresenta in caso di camminate lunghe.

Il dolore può interessare uno solo o entrambi i piedi.

La tallonite può avere un impatto fortemente invalidante sulla vita di una persona in quanto il cammino e la partecipazione alle attività quotidiane ne vengono fortemente limitate.

FATTORI DI RISCHIO

Esistono numerosi fattori di rischio per la tallonite, diversi eppure collegati tra loro

  • SPORT, in particolare tutti quelli che provocano sforzi e microtraumi a livello del tallone per caduta o per eccessivo sforzo, si pensi alla corsa o al calcio
  • Piede piatto o piede cavo
  • Sovrappeso: il peso eccessivo contribuisce ad appiattire la volta plantare con conseguente tensione eccessiva della fascia plantare
  • Età superiore ai 50 anni: con l’aumentare degli anni lo strato di tessuto adiposo che si trova nella pianta del piede tende a diminuire causando una diminuzione dell’affetto ammortizzatore
  • Patologie reumatiche come, ad esempio, artrosi e artriti
  • Fattori metabolici
  • Sesso femminile

 

CAUSE

Il dolore è in genere dovuto a ripetuti stress al tallone, non ad un singolo episodio traumatico. Spesso le cause si trovano tra le seguenti:

  • sperone calcaneare: è una calcificazione della parte inferiore del calcagno, nel punto d’inserimento della fascia plantare. È una crescita benigna dell’osso che però provoca attrito o tensione sulle strutture vicine, spesso sulla fascia plantare, che porta all’infiammazione delle strutture con conseguente dolore, specie al carico e quindi al cammino o alla corsa.
  • TENDINITE ACHILLEA: è  una infiammazione caratterizzata da dolore molto intenso al tendine
  • BORSITE: è l’ infiammazione della borsa a livello del tallone. Può essere causata dalla pressione delle calzature o da un atterraggio goffo sui talloni durante una pratica sportiva
  • STRESS TRAUMATICO ripetuto
  • FASCITE PLANTARE: l’infiammazione del tessuto fibroso che va dal tallone alle dita dei piedi. Il dolore si percepisce principalmente nella parte centrale dell’arco plantare del piede e si estende al tallone.
  • ARTRITE REUMATOIDE e altre forme di artrite;
  • TENDINITE DEL PIEDE
  • POSTURA SCORRETTA quando si cammina o si corre
  • DEFORMITA’ DI HAGLUD: problema tipico dell’età evolutiva che causa un inspessimento della parte posteriore dell’osso del tallone, il calcagno, proprio nell’area di inserzione del tendine. Questo problema può presentarsi in età adulta per utilizzo di scarpe scomode che battono contro l’area in questione.
  • ATROFIA CUSCINETTO ADIPOSO della pianta del piede, soprattutto negli anziani
  • GOTTA Quando i livelli di acido urico nel sangue aumentano possono formarsi cristalli di urato intorno alle articolazioni, causando infiammazione e dolore intenso;
  • CISTI OSSEA: una cisti solitaria piena di liquido in un osso

 

SINTOMI

Forte dolore nella zona del tallone, di uno o entrambi i piedi: è questo il sintomo che ci dice che è in atto una tallonite. Il dolore in genere è più forte al mattino, ai primi passi, e meno intenso durante la giornata, a patto che non si sforzi troppo il piede, magari con lunghe camminare o corse.

A volte, specie nei casi di maggiore infiammazione, il tallone fa male anche senza appoggiare a terra.

I sintomi:

  • Forte dolore al tallone;
  • Il dolore inizia all’improvviso;
  • Rossore al tallone;
  • Gonfiore al tallone;
  • Difficoltà a camminare a causa del dolore al tallone.

La diagnosi di tallonite è di competenza del medico, che effettuerà prima un esame della zona dolorosa e poi potrà chiedere referti come raggi X e risonanza magnetica.

TRATTAMENTI

La maggior parte dei sintomi della tallonite migliorano con trattamenti non chirurgici, con farmaci, trattamenti fisioterapici, solette o tutori.

Nel caso sia necessario l’intervento chirurgico questo verrà eseguito sulla struttura che causa il dolore: sia essa la fascia plantare, per la rimozione di uno sperone, una sacca, o un neuroma o altri tipi di crescita dei tessuti molli.

TALLONITI ED ETA’ EVOLUTIVA

Sentiamo spesso parlare di tallonite nei bambini e ragazzi. In genere nell’età compresa tra i 7 e i 15 anni.

Le due cause più frequenti sono:

  • ATTIVITA’ FISICA: quando eseguono numerosi salti. In tal modo infiammano le cartilagini di accrescimento del calcagno e più il bambino è attivo e con disfunzioni del piede o posturali, più è probabile che compaia questa condizione;
  • DEFORMITA’ DI HAGLUND: problema tipico dell’età evolutiva che causa un inspessimento della parte posteriore dell’osso del tallone, il calcagno, proprio nell’area di inserzione del tendine. Questo problema può presentarsi in età adulta per utilizzo di scarpe scomode che battono contro l’area in questione
  • MORBO DI SEVER noto anche come apofisite calcaneare: un rapido scatto di crescita dell’’osso del tallone causa una infiammazione dei muscoli e dei tendini circostanti che sono chiamati ad allungarsi molto velocemente.

 

TRATTAMENTO FISIOTERAPICO

Il fisioterapista tratta normalmente i problemi del piede conoscendone anatomia a fisiologia.

Il trattamento fisioterapico per la tallonite si divide in 3 fasi: valutazione funzionale, controllo del dolore e dell’infiammazione, recupero della funzione e del gesto motorio.

  1. Valutazione Funzionale

La valutazione è molto importante per stabilire l’origine dei sintomi e capire quali siano le cause del dolore. La valutazione si esegue evidenziando la presenza di alterazioni della struttura dell’osso del calcagno o della fascia plantare; verificando se esistono alterazioni della postura o delle disfunzioni di movimento.

  1. Controllo del dolore e dell’infiammazione

Grazie a terapie fisiche e terapie manuali:

  • onde d’urto
  • laser ad alta potenza
  • tecar terapia
  • ultrasuoni
  • terapie manuali con tecniche come fisioscissione o graston

 

  1. Recupero funzionale e del gesto motorio

Questa fase è molto importante per evitare recidive e stabilizzare il miglioramento dei sintomi ottenuto nella fase precedente.

Gli interventi di riabilitazione e gli approcci terapeutici utilizzati sono:

  • Rieducazione posturale
  • Rieducazione propriocettiva
  • Rieducazione funzionale e al carico

CEFALEA MUSCOLO TENSIVA

La Cefalea Muscolo-tensiva è un tipo di mal di testa che, secondo quanto riportato nella Classificazione Internazionale delle Cefalee della International Headache Society, colpisce almeno una volta nella vita fino al 78% della popolazione, con elevati costi socio-economici.

 

Da alcuni considerata unicamente psicogena (quindi da ricollegarsi a stress, ansia ecc), sembra che in alcuni casi invece vi siano alcune basi neuro-biologiche, una predisposizione per così dire. Ad ogni modo, le cause di questo disturbo sono per lo più sconosciute e la cefalea va accuratamente inquadrata in una classificazione biopsicosociale:

  • Bio, poichè deve tener conto dell’anatomia del paziente, di eventuali alterazioni della stessa, delle attività e degli sforzi a cui lo stesso è sottoposto e della muscolatura coinvolta;
  • Psico, perchè come già citato vi sono forti collegamenti con lo stato del sistema nervoso del paziente;
  • Sociale, perchè strettamente collegata anche all’ambiente in cui il paziente è inserito.

 

Questa multidimensionalità della patologia ne rende complesso il trattamento, perchè a seconda che sia più presente un meccanismo piuttosto dell’altro cambiano completamente i meccanismi del dolore coinvolti: un paziente che ha un’alta componente muscolare avrà beneficio per esempio tramite un antidolorifico generico, che invece avrà effetti molto scarsi su pazienti in cui è preponderante la componente di stress emotivo. E’ dunque fondamentale inquadrare la patologia nella maniera più completa possibile.

 

La cefalea muscolotensiva si può dividere in

  1. A) Primaria, quando insorge spontaneamente,
  2. B) Secondaria, quando compare in seguito ad un altro disturbo (es dopo un colpo di frusta). Abbiamo poi le cefalee episodiche sporadiche/ frequenti e quelle croniche, che a loro volta richiedono un trattamento specifico.

 

Ma quali sono i sintomi di un paziente con cefalea muscolo-tensiva??

  • Il dolore è spesso bilaterale, di intensità lieve/moderata, spesso con sensazione “costrittiva” o di pesantezza della testa, NON pulsante;
  • Il dolore dura da un minimo di 30 min ad un massimo di 7 giorni;
  • Possono esserci anche fotofobia (fastidio con luce forte) o fonofobia (fastidio con suoni forti);
  • L’attività fisica quotidiana NON la aggrava;
  • NON sono presenti nausea o vertigini;
  • Dolore alla palpazione dei muscoli pericranici, cervicali e di occhio/ mandibola;

 

Spesso inoltre può coesistere con altri tipi di mal di testa, come l’emicrania senz’aura, perciò è importante saper differenziare le varie forme di mal di testa.

 

Si tratta comunque di una problematica per cui si possono ottenere ottimi risultati tramite la fisioterapia. Quando venite da noi e c’è il sospetto di una cefalea muscolo-tensiva, noi andremo ad indagare tutte le componenti che abbiamo descritto nei paragrafi sovrastanti: quando e come si manifesta, com’è il dolore e dove si localizza, quando si presenta, cosa la aggrava e cosa la fa passare, qual’è il livello di stress e com’è la qualità del sonno ecc. Andremo a valutare tutti i singoli muscoli che potrebbero essere coinvolti per andare ad individuare il trattamento più mirato e specifico per questa problematica.

 

E in cosa consiste il trattamento?

 

Il trattamento è multimodale, si compone cioè di varie tecniche per arrivare alla risoluzione completa e duratura della problematica. La terapia manuale è spesso la prima ad essere utilizzata: prendendo contatto con i tessuti del paziente siamo in grado di capire quali sono le zone che vanno trattate e rilassate, andando ad esplorare la muscolatura dell’occhio, del viso e della mandibola, passando per la zona occipitale e scendendo lungo la cervicale fino ai trapezi.

CEFALEA MASTICATORI

TRATTAMENTO MASTICATORI

Si passa poi ai primi esercizi di rilassamento, che servono a mantenere l’efficacia del trattamento svolto. Questi aiutano spesso anche nella gestione dell’ansia, dello stress e della rabbia.

Nel caso di pazienti con componente muscolare predominante vi sono poi esercizi specifici per i singoli muscoli per vascolarizzarne il tessuto e ridurre la tensione in eccesso. Vanno valutate spesso anche regioni distanti dal problema, per essere sicuri che quella tensione non sia in realtà un compenso per le mancanze di un altro distretto (ad esempio una tensione cervicale importante causata da un torace rigido, cui la cervicale deve supplire).

Abbiamo anche laser, tecar ed elettroterapie per amplificare l’effetto del trattamento e velocizzare i tempi di recupero.

 

Il nostro personale medico qualificato è inoltre sempre disponibile in caso nelle fasi acute sia necessario integrare il trattamento con un approccio farmacologico mirato (poichè, come spiegavamo, ogni paziente ha bisogno del farmaco adatto alla sua specifica condizione).

CAFALEA OBICOLARI

TRATTAMENTO ORBICOLARI

FISIOSCISSORI

Fisioscissione è una tecnica manuale ideata dai Dr Giovanni e Daniele Raimondi originari di Padova, che si realizza mediante i Fisioscissor®: cinque strumenti tecnici per il trattamento dei tessuti osteo-miofasciali.

Ogni strumento ha due testine diverse utilizzabili in situazioni e tessuti diversi.

Questa metodica trova applicazione in ambito sia fisioterapico che osteopatico, come in quello reumatologico ed ortopedico e in medicina dello sport.

La Fisioscissione è unica perché vanta una estrema precisione del gesto terapeutico, garantita dalle diverse teste operative dei Fisioscissor® che, ricordiamo, sono ben 10. Ciò consente al fisioterapista di trattare con molta accuratezza

  1. zone di ancoraggio della fascia
  2. diversi livelli di profondità del tessuto
  3. gli incavi e le docce anatomiche
FISIOSCISSORI FISIO PIO

FISIOSCISSORI

Con la Fisioscissione si riesce inoltre ad alleggerire i tessuti connettivo-miofasciali migliorandone la mobilità intrinseca, l’aspetto circolatorio e linfatico.

 

La Fisioscissione tratta tutti i distretti corporei

  • colonna vertebrale
  • tendinopatie
  • pubalgie
  • tendiniti dell’achilleo
  • tendiniti del tendine rotuleo
  • tendiniti di spalla

 

Viene usata anche nel dolore pelvico cronico grazie alla precisione degli strumenti che lavorano anche su distretti di piccole dimensioni favorendo la liberazione di passaggi vascolari e nervosi.

FISIOSCISSORI

FISIOTERAPIA DOMICILIARE

Che cos’è la fisioterapia domiciliare, a cosa serve e quando richiederla? Scopriamolo assieme nel prossimo articolo!

 

La fisioterapia domiciliare è la fisioterapia che viene eseguita in casa del paziente, e non va confusa con la teleriabilitazione, o riabilitazione a distanza: nel caso della fisioterapia domiciliare il fisioterapista viene fisicamente a casa vostra!

 

Sono molte le situazioni che potrebbero richiedere la necessità di un intervento a domicilio, vediamone alcune:

 

  • Riabilitazione post chirurgica: spesso dopo un intervento chirurgico il paziente è costretto ad un periodo di immobilità. In alcuni casi, come per esempio gli interventi agli arti inferiori, viene limitata la mobilità, o non viene concesso il carico, e perciò diventa difficile per il paziente spostarsi ed andare direttamente allo studio fisioterapico. In quel caso è quindi il fisioterapista a venire a domicilio, e ad iniziare la riabilitazione finchè il paziente non è in grado di muoversi autonomamente;
  • Pazienti anziani o con problemi di mobilità. Sono molti i motivi per cui un paziente potrebbe preferire eseguire la fisioterapia a domicilio: la fatica nel compiere lunghe distanze, il bisogno di qualcuno che lo accompagni costantemente o la necessità di aiuti/ strutture presenti solo nel domicilio. In questi casi avere un fisioterapista che viene a domicilio risparmia fatica al paziente e garantisce che lo stesso abbia a portata di mano ogni comodità necessaria nel quotidiano
  • Mancanza di tempo! Banalmente, con le vite frenetiche che viviamo al giorno d’oggi, spostarsi per andare in uno studio fisioterapico richiede tempo, e molto spesso la necessità di un mezzo di trasporto, parcheggio, evitare il traffico ecc. Qualche paziente preferisce allora concordare un orario con un fisioterapista che verrà direttamente al domicilio, permettendo quindi poi di sfruttare appieno il resto della giornata.

 

I vantaggi della fisioterapia domiciliare sono molti: è comoda, permette di risparmiare tempo, il paziente si trova in un luogo confortevole e conosciuto, permette di iniziare un trattamento anche nei casi in cui la mobilità è severamente limitata. A volte il trattamento a domicilio è l’unica maniera che il paziente ha per fare del movimento ed essere seguito da personale esperto e qualificato.

 

La mancanza di attrezzature poi è un problema che viene gestito facilmente, in quanto i nostri fisioterapisti portano tutto ciò che occorre direttamente a casa del paziente.

 

Ma la fisioterapia domiciliare va bene per qualsiasi patologia? La risposta è no. No perché nelle fasi più avanzate della riabilitazione possono servire ausili che non possono essere spostati da una palestra riabilitativa a casa del paziente.

 

Sicuramente è indicata per quasi tutte le patologie e gli interventi in fase acuta: subito dopo interventi all’anca, al ginocchio, alla caviglia, o alla spalla; con mal di schiena, dolore al collo o classico colpo della strega. Con vertigini, mal di testa o altre condizioni che rendono il guidare addirittura pericoloso, la terapia domiciliare è anzi consigliata!

Nelle fasi più avanzate del trattamento riabilitativo invece, domiciliare può risultare riduttivo: un calciatore operato al legamento crociato al 4 mese dall’intervento ha bisogno di corsa, salti, accelerazioni e decelerazioni, e rinforzo sostanziale, che a casa sono difficili da ottenere in quanto servono spesso attrezzature specializzate.