FISIOTERAPIA DOMICILIARE

Che cos’è la fisioterapia domiciliare, a cosa serve e quando richiederla? Scopriamolo assieme nel prossimo articolo!

 

La fisioterapia domiciliare è la fisioterapia che viene eseguita in casa del paziente, e non va confusa con la teleriabilitazione, o riabilitazione a distanza: nel caso della fisioterapia domiciliare il fisioterapista viene fisicamente a casa vostra!

 

Sono molte le situazioni che potrebbero richiedere la necessità di un intervento a domicilio, vediamone alcune:

 

  • Riabilitazione post chirurgica: spesso dopo un intervento chirurgico il paziente è costretto ad un periodo di immobilità. In alcuni casi, come per esempio gli interventi agli arti inferiori, viene limitata la mobilità, o non viene concesso il carico, e perciò diventa difficile per il paziente spostarsi ed andare direttamente allo studio fisioterapico. In quel caso è quindi il fisioterapista a venire a domicilio, e ad iniziare la riabilitazione finchè il paziente non è in grado di muoversi autonomamente;
  • Pazienti anziani o con problemi di mobilità. Sono molti i motivi per cui un paziente potrebbe preferire eseguire la fisioterapia a domicilio: la fatica nel compiere lunghe distanze, il bisogno di qualcuno che lo accompagni costantemente o la necessità di aiuti/ strutture presenti solo nel domicilio. In questi casi avere un fisioterapista che viene a domicilio risparmia fatica al paziente e garantisce che lo stesso abbia a portata di mano ogni comodità necessaria nel quotidiano
  • Mancanza di tempo! Banalmente, con le vite frenetiche che viviamo al giorno d’oggi, spostarsi per andare in uno studio fisioterapico richiede tempo, e molto spesso la necessità di un mezzo di trasporto, parcheggio, evitare il traffico ecc. Qualche paziente preferisce allora concordare un orario con un fisioterapista che verrà direttamente al domicilio, permettendo quindi poi di sfruttare appieno il resto della giornata.

 

I vantaggi della fisioterapia domiciliare sono molti: è comoda, permette di risparmiare tempo, il paziente si trova in un luogo confortevole e conosciuto, permette di iniziare un trattamento anche nei casi in cui la mobilità è severamente limitata. A volte il trattamento a domicilio è l’unica maniera che il paziente ha per fare del movimento ed essere seguito da personale esperto e qualificato.

 

La mancanza di attrezzature poi è un problema che viene gestito facilmente, in quanto i nostri fisioterapisti portano tutto ciò che occorre direttamente a casa del paziente.

 

Ma la fisioterapia domiciliare va bene per qualsiasi patologia? La risposta è no. No perché nelle fasi più avanzate della riabilitazione possono servire ausili che non possono essere spostati da una palestra riabilitativa a casa del paziente.

 

Sicuramente è indicata per quasi tutte le patologie e gli interventi in fase acuta: subito dopo interventi all’anca, al ginocchio, alla caviglia, o alla spalla; con mal di schiena, dolore al collo o classico colpo della strega. Con vertigini, mal di testa o altre condizioni che rendono il guidare addirittura pericoloso, la terapia domiciliare è anzi consigliata!

Nelle fasi più avanzate del trattamento riabilitativo invece, domiciliare può risultare riduttivo: un calciatore operato al legamento crociato al 4 mese dall’intervento ha bisogno di corsa, salti, accelerazioni e decelerazioni, e rinforzo sostanziale, che a casa sono difficili da ottenere in quanto servono spesso attrezzature specializzate.

 

 

VISITE FISIATRICHE

La visita fisiatrica nel nostro Studio di Fisioterapia Pio X

In campo riabilitavo sono molteplici le figure che concorrono al buon esito del percorso di cura: il fisioterapista che mette in pratica le terapie ma anche il fisiatra e l’ortopedico.

Cosa fa il medico fisiatra e a cosa serve una visita fisiatrica?

Il fisiatra è il medico specialista che si occupa di tutte quelle patologie che potrebbero provocare disabilità motorie, o comunque dell’apparato locomotore e muscolare in genere, e problemi che interessano il sistema nervoso.

La fisiatria è una branca della medicina che si occupa di prevenire, diagnosticare e curare, o meglio, indicare un percorso di cure che possa risolvere il problema o la patologia del paziente.

Ha il compito di studiare una diagnosi e quindi specificare quale sia il trattamento più idoneo da seguire, trattamento che può essere farmacologico, prevedere quindi l’assunzione/somministrazione di farmaci specifici, oppure riabilitativo.

Il fisiatra programma soluzioni per migliorare la vita del paziente, individua il protocollo medico adeguato a migliorare la qualità di vita del paziente, in base alle sue esigenze e ai suoi bisogni.

È importante sottolineare che lo specialista in questione ricorre a rimedi non chirurgici e si avvale della collaborazione di altre figure medico-sanitarie come ad esempio, il neurologo, l’ortopedico, il fisioterapista.

Cos’è la visita fisiatrica?

Ma quindi che cos’è la visita fisiatrica?

È un consulto specialistico che spesso può essere richiesto o dal medico curante o da un altro specialista.

Tra i motivi più frequenti che inducono a rivolgersi al fisiatra ci sono

  • dolori ossei
  • dolori articolari
  • dolori muscolari
  • disabilità provocate da eventi traumatici tra cui incidenti, ictus o infarti
  • problemi pre e post parto come lombalgie o problemi del pavimento pelvico
  • scoliosi
  • dorso curvo
  • piedi piatti/cavi
  • ginocchia vare/valghe
  • ritardo nella conquista dei passaggi posturali nell’età evolutiva (gattonamento, strisciamento…)
  • sindromi da allettamento

La visita fisiatrica  ha il compito di individuare la presenza o l’esistenza della patologia, gli eventuali effetti che questa potrebbe provocare al paziente e il trattamento o piano terapeutico indicato e volto alla risoluzione o al miglioramento del problema o alla prevenzione del problema stesso.

La visita fisiatrica non è indicata solo per coloro che lamentano già un dolore o presentano una patologia ma anche per prevenire l’insorgere di problemi attraverso la valutazione di schemi corporei errati, in questo caso si sviluppa un percorso o un protocollo volto a prevenire proprio l’insorgenza del problema.

La visita fisiatrica è fondamentale inoltre per certificare le patologie e gli iter riabilitativi a scopo assicurativo.

 

Come si svolge la visita fisiatrica presso lo Studio di Fisioterapia Pio X

Cosa devo aspettarmi?

Quanto tempo durerà la visita?

Come mi devo vestire?

Devo portare con me analisi o esami svolti in precedenza?

La visita dura in media circa mezz’ora, varia ovviamente se si tratta della prima visita o di una visita di controllo che solitamente si svolge a distanza di tempo, in genere predefinito dallo stesso fisiatra in sede di prima visita.

La visita di controllo è necessaria per comprendere se il trattamento indicato dallo specialista abbia condotto ai risultati sperati oppure no, in quest’ultimo caso il fisiatra dovrà provvedere a proporre un altro percorso per risolvere la patologia.

Per effettuare la visita fisiatrica è consigliato abbigliamento comodo in modo da favorire eventuali movimenti richiesti dal medico, movimenti che aiutano a comprendere la cura e il trattamento da prescrivere.

Il paziente deve portare alla visita tutta la precedente documentazione clinica, in particolare se inerente alla visita in oggetto, come ad esempio analisi o visite con altri specialisti, in altri casi ancora è direttamente il fisiatra che richiede esami specifici prima dell’incontro con il paziente.

La visita prevede una prima fase di colloquio o anamnesi in cui lo specialista raccoglie la storia clinica del paziente attraverso la documentazione e domande dirette. Questa fase è importante per andare a ritroso e comprendere l’origine del problema.

La seconda fase della visita consiste nell’esame obiettivo che serve per valutare le condizioni del paziente attraverso movimenti o esercizi specifici per verificare le sue capacità motorie.

Può esserci una terza fase che consiste nella somministrazione intra articolare di farmaci normalmente chiamata INFILTRAZIONE.

 

Dopo la visita fisiatrica

Una volta che il medico specialista ha elaborato una diagnosi e prescritto una terapia, sia essa farmacologica o riabilitativa, o entrambe, è consigliato che il paziente segua ciò che gli è stato indicato, lo specifichiamo perché non è sempre scontato.

ETEROMETRIE ARTI INFERIORI

“Consumo le scarpe in maniera diversa”

“Se mi guardo allo specchio mi vedo storto”

“Può essere che io abbia una gamba più lunga dell’altra?”

Queste sono domande che ci fanno molto spesso i pazienti. Avere una gamba più lunga del normale è in realtà abbastanza comune e molto spesso non è problematico, tuttavia cerchiamo di approfondire quando possiamo stare tranquilli e quando è invece il caso di correre ai rimedi.

L’eterometria è, come indica il nome, una diversa lunghezza tra una gamba e l’altra. I pareri su quando questa sia significativa non sono sempre concordi, tendenzialmente si tende a considerare una differenza di 1 cm tra una gamba e l’altra come trascurabile, in quanto non sembra essere in grado di apportare differenze tali da causare dolore o problemi.

Differenze superiori al centimetro solitamente vengono corrette tramite l’utilizzo di plantari o modifiche alle calzature, in maniera da pareggiare la differenza tra le due gambe e permettere alla muscolatura di lavorare in relativa simmetria, e alle articolazioni di equilibrare il carico correttamente.

ETEROMETRIE

MISURAZIONE ETEROMETRIA ARTI INFERIORI

 

Nel momento in cui si valuta un’eterometria però non basta un semplice esame visivo: quella che può sembrare una differenza di lunghezza tra le gambe è infatti spesso conseguenza di un malposizionamento del bacino o della colonna. In pazienti che manifestano una scoliosi non è infatti infrequente individuare delle dismetrie, quando in realtà la lunghezza ossea è pari tra le due gambe, e la differenza è da imputarsi alla curva scoliotica. E’ importante quindi una misurazione accurata da eseguirsi in sede di visita, o ancor meglio una radiografia in ortostatismo, che permette effettivamente di misurare a computer la lunghezza e l’allineamento osseo.

PEDANA STABILOMETRICA

PEDANA STABILOMETRICA

Un altro caso in cui è comune individuare una eterometria è dopo un intervento di protesi all’anca o al ginocchio. Si tratta di interventi complessi che vanno a sostituire in toto una parte corporea, e richiedono un’accurata pianificazione ed esperienza da parte del chirurgo. Subito dopo l’operazione è normalissimo avere differenze di lunghezza tra una gamba e l’altra, ma non è opportuno preoccuparsi prima del tempo: una volta recuperato il carico la protesi va ad “assestarsi”, correggendo eventuali alterazioni. Non sempre la correzione è completa, perciò se dopo qualche mese la sensazione di lunghezza diversa persiste, è il caso di eseguire un controllo.

Esiste infine un ultimo caso dove l’eterometria è evidente, e si manifesta in età evolutiva. Nel periodo della crescita infatti è possibile che a causa di lesioni o patologie dell’accrescimento un osso non cresca correttamente, in quando la cartilagine di accrescimento viene lesionata o sono presenti altre possibili alterazioni del metabolismo osseo. Si tratta di casi molto particolari, in cui spesso un plantare non è sufficiente per la correzione in quanto si tratta di differenze importanti, ed è dunque necessario ricorrere ad un intervento chirurgico per l’accrescimento dell’osso.

 

DORSO CURVO

Il dorso curvo giovanile è una patologia che colpisce i ragazzi in età adolescenziale e durante la crescita. Si sviluppa spesso in quei periodi di crescita rapida, in cui le ossa vedono aumentare rapidamente le loro dimensioni, ma la muscolatura non cresce di pari passo e non è dunque in grado di sostenere la colonna in maniera adeguata: i ragazzi si ingobbiscono in conseguenza di ciò.

Si tratta di una situazione abbastanza comune da riscontrare, e talvolta autorisolutiva, nel senso che una volta che la muscolatura si adatta alla nuova struttura torna ad allineare correttamente la colonna, tuttavia abbiamo già visto, parlando della scoliosi, che molte deformità dell’età adolescenziale vengono poi mantenute anche in età adulta e non possono più essere corrette. Nei casi più gravi si può anche sospettare la sindrome di Scheuermann, che vede un’osteocondrosi delle vertebre, dunque una vera e propria alterazione strutturale delle stesse.

Viviamo anche in un periodo storico e in una società dove molte delle attività del quotidiano portano i ragazzi a “ingobbirsi”: sono spesso chini sui libri a scuola, poi seduti magari malamente di fronte al pc, e poi piegati con il viso incollato al telefono. Proprio tutte queste attività così comuni portano spesso a trascurare il problema, in quanto ci si accorge effettivamente della deformità quando ormai è troppo tardi per correggerla, in quanto le attività quotidiane la nascondono.

 

dorso curvo

adolescenti e cellulare

Questa condizione comunque non nasce semplicemente dalle attività quotidiane, ma è possibile sia presente una base genetica/ereditaria, o può comunque essere conseguenza di microtraumi ripetuti. I ragazzi che soffrono di dorso curvo potrebbero lamentare dolore e indolenzimento nella zona dorsale. Questo però non è necessariamente il primo o l’unico sintomo a manifestarsi. Il dorso curvo infatti va a limitare sia i movimenti della colonna che quelli delle spalle, e i ragazzi faranno perciò fatica a estendere la colonna, guardare verso l’alto per lunghi periodi, o sollevare e mantenere le braccia in alto per più tempo.

E’ fondamentale una valutazione specialistica di questo tipo di condizioni, per discriminare subito quelli che sono semplici vizi posturali dalle vere e proprie alterazioni strutturali, che andranno prontamente corrette.

 

dorso curvo

misurazioni dorso curvo

Il trattamento parte solitamente dall’educazione del paziente e della sua famiglia, riguardo le attività da limitare e quelle da incentivare: lo sport in generale, e le attività in estensione in particolare sono da enfatizzare in questo tipo di pazienti.

Molto spesso si può utilizzare la terapia manuale a complemento della componente di esercizi, per cercare di ridurre le rigidità tissutali e guidare in maniera corretta il movimento del paziente. Le tecniche utilizzate sono quasi sempre indolori e i pazienti ne traggono un immediato beneficio. La cosa fondamentale da chiarire è che i tempi dell’intervento sono LUNGHI: non vi saranno cicli di terapia intensivi, ma andranno diluiti nel tempo e portati avanti anche anni, fino al raggiungimento dello sviluppo completo della colonna ed al termine dell’età della crescita.

I casi più importanti possono richiedere interventi più complessi, che vanno da una terapia farmacologica per gestire il dolore all’utilizzo di bustini specifici durante l’età dello sviluppo per guidare la crescita della colonna nella direzione corretta. L’intervento chirurgico è sempre l’ultima strada, e fortunatamente al giorno d’oggi anche la più rara, grazie ai numerosi programmi di prevenzione di questo tipo di patologie. Si tratta infatti di interventi alla colonna che, per quanto conosciuti, hanno sempre una certa dose di rischio intrinseco, ed è meglio limitarli quando possibile.

RIENTRO ALLO SPORT DEGLI ADOLESCENTI

Le vacanze estive sono ormai al termine, e ricominciano invece gli allenamenti dei nostri ragazzi.

Dopo un lungo stop a volte si prende alla leggera il rientro in campo, con il risultato che presto iniziano dolorini, fastidi, impedimenti che prima non avevamo mai sentito. Quale potrebbe essere la causa? E a cosa stare attenti nello specifico? Vediamolo assieme!

Anzitutto non dobbiamo pensare che solo perché i ragazzi sono giovani allora possono portare avanti qualsiasi attività senza un’adeguata preparazione fisica. L’età adolescenziale si accompagna a molti cambiamenti ormonali e tissutali, e se da un lato muscoli, tendini e legamenti sono sicuramente più elastici di quelli di un adulto e guariscono più in fretta, dall’altro proprio questa loro instabilità espone i ragazzi a numerosi traumi distorsivi e rischio di instabilità, con problematiche che possono recidivare nel tempo fino a cronicizzare.

Fondamentale quindi è ripartire con calma, dando il giusto tempo alla preparazione atletica spesso odiata dai ragazzi, che vorrebbero subito giocare, ma un corpo forte regge molto meglio le sollecitazioni.

Tra le varie problematiche che dobbiamo provare a prevenire vediamo:

  • La distorsione di caviglia: uno dei traumi più comuni dell’età adolescenziale, viene molto spesso sottovalutato, poiché il dolore tende a recedere in breve tempo. Gli studi scientifici ci dicono però che il 70% dei pazienti ha ancora sintomi (di dolore, instabilità o insicurezza) a distanza di un anno dal trauma, e fino al 30% rischia di arrivare ad una instabilità cronica di caviglia, che si porterà avanti negli anni. Per evitare questo tipo di traumi è importante lavorare sull’equilibrio e sulla muscolatura della caviglia per preparare gli atleti agli scontri e ai cambi di direzione in sicurezza.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            RIENTRO SPORT CAVIGLIA
  • Il morbo di Osgood- Schlatter: questa patologia si manifesta nei ragazzi in crescita rapida e che riprendono di colpo l’attività sportiva. Il sintomo più comune è il dolore al ginocchio, in particolare nella parte superiore della tibia. E’ importante diagnosticare e trattare bene questa patologia poiché porta ad un’alterazione della qualità dell’osso. Sarà fondamentale uno stop dalle attività sportive ed un recupero graduale. Cerchiamo però di prevenire l’insorgere di questa malattia evitando picchi di carico esagerati.
  • La malattia di Sinding – Lahrsen – Johansson: simile all’osgood- Schlatter appena citata, colpisce però la rotula a livello dell’inserzione tendinea, provocando dolore anteriore al ginocchio e infiammazione. Anche questa patologia tende ad un’evoluzione benigna, tuttavia è comunque poco piacevole, meglio prevenirla!                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
  • La spondilolistesi: una lesione della vertebra, che in questo caso vede la separazione del corpo della vertebra dalla sua componente posteriore (spondilolisi) ed in alcuni casi appunto lo scivolamento della vertebra, la vera e propria spondilolistesi. Questa condizione è spesso conseguente a movimenti estremi e ripetuti della colonna, ed è dunque molto frequente per esempio nei ginnasti, tuttavia vi è spesso anche una predisposizione genetica, e può anche conseguire ad un trauma, perciò tutti gli sport potenzialmente traumatici vedono il rischio di questa patologia. Di fatto, si collega ad un’instabilità generalizzata, quindi a legamenti lassi e muscolatura non in grado di stabilizzare la colonna. Per evitarla quindi è importante un buon allenamento della muscolatura della colonna. Attenzione, perché vista la possibile base genetica, vostro figlio potrebbe già avere una spondilolisi! Niente paura, una visita ed eventualmente un esame radiografico possono individuarla facilmente, e non è detto che questa poi dia sintomi, ma è importante controllarla, soprattutto durante l’età dello sviluppo.
  • Le tendinopatie: abbiamo parlato tante volte dei tendini nel nostro blog, e non possiamo esimerci da citarli anche qui. I tendini, che collegano i muscoli alle ossa, sono molto sensibili ai picchi di carico, e una ripresa troppo rapida degli allenamenti può portare ad irritazione e lesione. E’ importante la ripresa graduale delle attività e non ignorare i primi segnali di allerta.

Troppe cose da controllare? Niente paura, ci pensiamo noi! Il nostro team di fisioterapisti e fisiatri e’ preparato nella valutazione e nel trattamento di ognuna di queste problematiche e saprà rispondere ad ogni vostra esigenza.

TUTTI PAZZI PER IL PADEL

E’ LO SPORT DEL MOMENTO, ma è anche il sesto sport per numero di infortuni, ma nella top 3 per quelli che richiedono riabilitazione!

 

 

 

Vi sono infatti alcune patologie caratteristiche del padel e che affliggono i questi numerosi sportivi:

 

  • Epicondilite – detta anche gomito del tennista (essendo spesso causata dai microtraumi e dall’uso scorretto della racchetta), colpisce l’avambraccio e il gomito nella porzione superiore e laterale. Causa forte dolore e perdita di forza, arrivando a limitare anche semplici attività quotidiane. Sono proprio questi i casi che necessitano di riabilitazione, il percorso può essere lungo ma permette di guarire completamente e senza recidive.
  • Fascite plantare – dolore localizzato sul tallone e la pianta del piede, spesso in seguito a molte ore in piedi, o scatti frequenti a cui non si è abituati. Il trattamento prevede l’eliminazione del dolore ed il rinforzo per abituare la fascia al nuovo carico sportivo
  • Dolore di spalla – molto spesso collegato alla cuffia dei rotatori, è spesso dato dai colpi violenti inflitti con la racchetta. Una muscolatura impreparata non è in grado di bilanciare il gesto sportivo, portando a infiammazione della borsa o dolore dei muscoli/tendini della cuffia. Non va mai sottovalutato, poiché può arrivare a limitare anche la guida e il vestirsi/ svestirsi.
  • Lombalgia – La gran parte della potenza dei colpi viene dal tronco e dall’arto inferiore, ecco perché nel padel si manifesta frequentemente il mal di schiena. Curare la schiena porta non solo a ridurre il dolore, ma anche a migliorare notevolmente la “potenza di fuoco” dell’atleta
  • Lesioni episodiche – come ogni attività sportiva, anche il padel comporta il rischio di sviluppare traumi a carico delle varie strutture del corpo: dalle semplici “contratture” ai veri e propri strappi muscolari, passando per le distorsioni di caviglia, le lesioni dei legamenti (ginocchio in primis) e addirittura le fratture, come quella dello scafoide o le fratture da stress del piede.

 

 

Da cosa nascono tutti questi infortuni? Alcuni vengono da una predisposizione naturale del singolo: lesioni passate che incidono sulla performance, lassità congenita, deficit di equilibrio o stabilità, carenze nutrizionali/fisiche. D’altra parte non vanno dimenticati altri fattori esterni, come le condizioni dell’attrezzatura e del campo, l’intensità degli allenamenti e delle partite e la preparazione dell’atleta stesso.

LE TENDINOPATIE

Come dice il nome, le tendinopatie sono le patologie che colpiscono il tendine.

Negli anni hanno cambiato molti nomi, da “tendiniti” a “tendinosi” ecc. Per via dei molti e diversi aspetti che le caratterizzano.

Si è visto infatti che il tendine non si può infiammare per via della sua struttura biologica, però possono farlo i tessuti circostanti, simulando un problema del tendine. Il tendine può anche degenerare, sfibrarsi, lesionarsi o formare calcificazioni, e in tutto ciò il dolore non sembra sempre essere collegato alla qualità del tessuto: potrei avere un tendine molto degenerato che non da nessun dolore, o una calcificazione minuscola che per mesi non mi fa dormire la notte!

In questo marasma di presentazioni cliniche, una costante viene riportata in tutti gli studi scientifici come efficace nel trattamento delle tendinopatie: l’esercizio. L’esercizio tuttavia dev’essere adeguatamente dosato e calibrato sulla patologia, perché è a tutti gli effetti un farmaco. Un dosaggio troppo basso non mi darà i miglioramenti sperati, mentre esercizi troppo pesanti potrebbero portare a spiacevoli effetti collaterali.

Vediamo assieme quale potrebbe essere la progressione degli esercizi per una tendinopatia d’achille.

TENDINE STEP 1

Nella prima fase il tendine è tendenzialmente molto infastidito, gli esercizi  iniziali sono quindi contrazioni isometriche, senza movimento, che trasmettono il carico al tendine ma non lo sollecitano, e allo stesso tempo attivano delle vie interne di inibizione del dolore. Vediamo nel video l’esercizio della sedia al muro. In questa fase è importante:

  1. Dare tutto il carico che ci è concesso senza avere dolore. Ricordiamo che il tendine risponde in ritardo, quindi dovremo monitorare il dolore anche il giorno seguente!
  2. Mantenere la contrazione per almeno 30-45 secondi, per garantire una trasmissione di forze ottimale
  3. Eseguire 4-5 ripetizioni, poi riposare
  4. Eseguire gli esercizi quotidianamente, per ottenere un’inibizione del dolore più stabile e duratura.
Per maggiori informazioni  e appuntamenti:
☎️ Tel. 328.9749509
📧 info@fisioterapiapiox.it

 

Drenaggio linfatico: metodo Godoy

Si tratta di una nuova forma di linfodrenaggio creato in brasile dal dottor José Pereira Godoy, angiologo, e da sua moglie Fátima Guerreiro Godoy, fisioterapista occupazionale.

Il metodo Godoy conta con molte pubblicazioni scientifiche, libri e studi a livello internazionale. I Godoy sono un riferimento del continente sudamericano per quanto riguarda la specializzazione nell’area linfonodale. Attualmente questo metodo si sta facendo conoscere anche in Europa.

In cosa consiste il trattamento?

È un metodo di terapia manuale linfatica globale per il trattamento del linfedema e delle patologie linfovenose.

Le terapie che compongono la metodica sono:

  • Terapia Linfatica Cervicale
  • Terapia Linfatica Manuale
  • Terapia Linfatica Meccanica
  • Terapia di compressione–contenzione
  • Terapia per la pelle
  • Educazione del paziente per il mantenimento dei resultati

Il metodo Godoy presenta varie opzioni di trattamento che si adattano a ciascun paziente. Con questa tecnica si migliora la circolazione linfatica nel corto e nel lungo periodo.

Il trattamento si svolge in due fasi: intensiva e fase di mantenimento.

Ogni paziente è diverso, cosi’ come il tempo, l’evoluzione e la presenza o no di fibrosi o di indurimento dell’edema e quindi anche il risultato e l’applicazione variano.

Con un trattamento intensivo si può arrivare ad una riduzione del volume di circa il 10% al giorno e fino al 40/50% in una settimana.

È quindi importante la frequenza e la costanza nell’applicazione del metodo.

 

Come si esegue: differenze con il metodo Vodder

La principale differenza con il metodo Vodder sta nel tipo di movimento con cui la linfa viene drenata verso le stazioni linfonodali: il movimento è lineare verso le stazioni linfonodali.

Diversamente il metodo  Vodder, invece, prevede pompaggi e movimenti circolari o ovali verso le stazioni linfonodali.

La pressione esercitata è la stessa.

 

 

Anche le indicazioni e le controindicazioni sono simili al metodo Vodder e la sua applicazione è molto frequente in campo dermatofunzionale.

LINFODRENAGGIO MANUALE

LINFODRENAGGIO MANUALE

Quando si parla di linfodrenaggio si affronta un argomento che è trasversale a diversi ambiti: dal post chirurgico al trattamento degli edemi, dal miglioramento della circolazione linfatica al campo estetico, dal dolore al benessere.

Viene quindi utilizzato non solo nei casi di ritenzione idrica e cellulite, ma in tutti i casi di edema e ristagno ematico, conseguenti ad interventi chirurgici, e nelle patologie in cui è necessario potenziare il sistema immunitario.

 Il metodo più conosciuto è il metodo Vodder ma esiste anche il metodo Godoi.

LINFODRENAGGIO MANUALE  METODO VODDER

Il metodo deve il nome alla sua scopritrice: Emil Vodder.  Si tratta di una fisioterapista danese che, studiando il sistema linfatico, ebbe una brillante intuizione che la portò a mettere a punto un metodo di trattamento di alcune patologie del sistema linfatico che si ben adattava al campo fisioterapico.

Il trattamento del sistema linfatico è molto utile quindi sia nel campo fisioterapico che nell’ ambito estetico.

 

LINFODRENAGGIO SECONDO IL METODO VODDER : COS’È?

Il Drenaggio Linfatico Manuale, LDM, è un insieme di manovre specifiche che hanno il loro effetto a livello dei tessuti superficiali, cute e sottocute.

La tecnica manuale di Vodder viene eseguita, in base al distretto trattato, con una o due mani, con pressioni specifiche circolari e ovali con una sequenza prossimo-distale e sempre in direzione delle stazioni linfonodali.

Il suo obiettivo è la stimolazione dello scorrimento della linfa nella direzione del flusso dei vasi ematici allontanando in questo modo i liquidi in eccesso.

La pressione che viene esercitata dai movimenti delle mani non deve mai superare i 30-40 mmHg, perciò i movimenti sono molto delicati per non provocare danni a capillari sanguigni e circuiti linfatici. Inoltre la pressione va adeguata in base alla presenza di eventuale edema.

Il trattamento non provoca né irritazione cutanea né arrossamenti in quanto molto leggera, ed è sempre indolore.

L’effetto si sente subito in quanto il paziente percepisce una piacevole sensazione di leggerezza nella zona trattata.

 

IL LINFODRENAGGIO MANUALE È UTILE PER la funzionalità e L’ESTETICA

Il Drenaggio Linfatico Manuale, LDM, è usato per migliorare la funzionalità dei distretti trattati e quindi anche per combattere la cellulite e migliorare l’aspetto degli arti inferiori. Va ricordato che la cellulite è una vera e propria patologia del microcircolo e come tale va trattata.

Il primo effetto di un drenaggio linfatico è la scomparsa del gonfiore in quanto vi è fin da subito l’eliminazione dei liquidi in eccesso con diminuzione della compressione del microcircolo e quindi la diminuzione graduale della cellulite.

L’effetto è così veloce e visibile che è un trattamento molto richiesto e apprezzato.

Durante il trattamento c’è una accelerazione del flusso linfatico, questo significa che vengono drenate dalla zona trattata le sostanze nocive e di scarto. Questo favorisce l’arrivo di linfa fresca, ricca di sostanze nutritive con azione plastica e ricostruttiva perché:

  • migliora il microcircolo,
  • si liberano i tessuti dai liquidi interstiziali in eccesso,
  • si migliora l’ossigenazionecellulare
  • aumenta il ricambio cellulare
  • si accelerano i processi di filtrazione e riassorbimento a livello capillare sanguigno
  • potenzia le risorse immunologiche ed il miglioramento della condizione estetica.

 

IL LINFODRENAGGIO METODO VODDER È UTILE IN FISIOTERAPIA?

Con la tecnica del Drenaggio Linfatico Manuale secondo Vodder, attraverso movimenti lenti e ritmici, si spinge la linfa nelle stazioni linfatiche evitando il ristagno di liquidi e di tossine nei tessuti.. L’apporto continuo di linfa “fresca” è indispensabile affinché le cellule, meglio nutrite, possano rinnovarsi e vivere più a lungo. In questo modo si agevola la riparazione dei tessuti compromessi da ferite o processi irritativi e, di conseguenza, migliora anche l’aspetto estetico.

Il Linfodrenaggio manuale secondo Vodder è la terapia migliore nell’approccio fisioterapico di Linfedemi primari e secondari. Si può associare alla fisioterapia tradizionale come alla terapia farmacologica per favorire una più rapida risoluzione della patologia o ridurne i sintomi.

Il LDM è molto utilizzato in caso di:

  • Problematiche circolatorie come insufficienze venose, vasculiti, disturbi circolatori a carico del microcircolo, interventi di chirurgia vascolare (ad esempio safenectomie e stripping)
  • Traumi muscolari e articolari come distorsioni, lesioni tendinee, legamentose, esiti di fratture, interventi di endoprotesi, sindrome algodistrofica di Sudek, colpi di frusta, artrosi
  • Patologie reumatologiche e del tessuto connettivo: poliartriti, artrite reumatoide, fibromialgie, connettiviti sistemiche, sclerosi sistemiche, lupus
  • Patologie otorinolaringoiatriche: Acufeni, Labirintiti, Sindrome di Menière
  • Patologie del pannicolo adiposo come cellulite, lipedemi, lipoedemi localizzati
  • Patologie del SN centrale e periferico: commozione cerebrale, emicrania e cefalea, nevralgia del trigemino, paresi facciale, apoplessia, sclerosi multipla
  • Infiammazioni croniche delle vie respiratorie: sinusite, raffreddore cronico, bronchite cronica e asmatica, otite e tonsilliti ricorrenti (per esempio i bambini “linfatici”)
  • Distonie neurovegetative come stipsi, stress, sindrome premestruale)
  • In ambito dermatologico e di medicina esteticaesiti cicatriziali post interventi di chirurgia plastica o estetica (liposuzione, lifting, blefaroplastica, rinoplastica, cheloidi, innesti e trapianti di cute), dermatiti, eczemi.

 

Linfodrenaggio: QUALI SONO LE POSSIBILI CONTROINDICAZIONI?

Come tutte le metodiche che portano benefici si sono delle controindicazioni che vanno conosciute e rispetta nell’utilizzare il linfodrenaggio secondo il metodo Vodder.  Ci sono due tipi di controindicazioni, le assolute, per le quali non è possibile fare il linfodrenaggio, e le relative, per le quali va valutato con il medico l’opportunità del trattamento.

Controindicazioni ASSOLUTE, il trattamento non deve essere eseguito

  • tumori maligni non trattati
  • infiammazioni acute
  • infezioni generali o locali
  • manifestazioni allergiche
  • trombosi venosa profonda, tromboflebiti
  • edemi da insufficienza cardiaca

Controindicazioni RELATIVE, la metodica può essere utilizzata seguendo delle precauzioni riguardanti la modalità di esecuzione, durata e frequenza del trattamento e previo consiglio del medico specialista

  • tumori maligni trattati
  • infiammazioni croniche
  • ipotensione
  • disturbi funzionali della ghiandola della tiroide (ipotiroidismo)
  • distonie neurovegetative
  • asma
  • precancerosi della pelle
  • gravidanza

 

 

INFILTRAZIONI ARTICOLARI

Il cortisone viene usato in caso di gonfiore o infiammazioni molto intense e quando si cerca un sollievo molto rapido da un dolore intenso. Comunque lo si fa meno rispetto al passato in quanto si è visto che farne troppe indebolisce i tendini e danneggia la superficie articolare.

In FASE SUB-ACUTA, quando il dolore non è troppo forte si utilizza l’acido ialuronico: una lunga molecola con proprietà lubrificanti, nutritive e antinfiammatorie naturali. Questa sostanza è prodotta normalmente nelle articolazioni sane dal nostro organismo e aggiungerla in un’articolazione malata significa farle credere immediatamente di stare bene ripristinando le sue normali funzioni.

Non è necessario farsi accompagnare, dopo la puntura sarete in grado di tornare a casa da soli, potrete svolgere tutte le normali attività ma il consiglio è di evitare attività pesanti per 24 ore.

Un po’ di fastidio è normale ed è dovuto alla presenza del farmaco nell’articolazione.

Se subito dopo c’è dolore nel sito di infiltrazione, si può usare del ghiaccio localmente per 20 minuti con una protezione.

Se il dolore fosse molto intenso e non si risolvesse in 24 ore contattate il vostro medico per essere rivalutati.

 

Presso il nostro centro trovate la Dott.ssa Cerantola il martedì pomeriggio.

 

Per maggiori informazioni contattateci al numero 328 9749509.