ARTROSI AL GINOCCHIO

Il ginocchio è una delle più grandi articolazioni portanti del corpo ed è situato in mezzo ad anca e piede, e se c’è un dolore a queste ultime articolazioni il ginocchio compensa aumentando il suo carico di lavoro per continuare a camminare, correre, girare, saltare e piegarsi nel miglior modo possibile.
Ecco perché è così diffuso il dolore al ginocchio non soltanto dovuto a traumi e movimenti ripetuti (salita discesa di scale, accovacciarsi, corsa) ma anche dovuto ad articolazioni ad esso limitrofe.
E’ un sistema complesso di ossa, cartilagine, menischi, legamenti, muscoli e tendini che lavorano insieme e lo rendono flessibile, quando però va in sovraccarico ci sono rigidità e dolore.
Nel nostro articolo vi parleremo di dolore artrosico dovuto alla cartilagine.
I sintomi dell’artrosi al ginocchio spesso si sviluppano lentamente e peggiorano nel tempo.

Segni e sintomi dell’artrosi al ginocchio con problematica alla cartilagine possono derivare da :

1 Rigidità e tensione. La rigidità articolare potrebbe essere più evidente al risveglio o dopo essere stati poco attivi.
2 Lassità e poca stabilità. L’articolazione può risultare morbida quando viene applicata una leggera pressione con un’ampiezza di movimento più ampia del normale.
3 Perdita di flessibilità. L’articolazione potrebbe non essere in grado di piegarsi o raddrizzarsi completamente
4 Speroni ossei. Intorno all’articolazione interessata possono formarsi pezzi di osso extra, che sembrano grumi duri.
5 Gonfiore. Potrebbe essere causato dall’infiammazione dei tessuti molli intorno all’articolazione o delle borse attorno al ginocchio, particolarmente frequente è la cisti di Backer sulla parte posteriore del ginocchio.

 

Se anche tu hai dolore al ginocchio contattaci al 328 974 9509

CELLULITE

CELLULITE:  si può curare

Sappiamo ormai da tempo che la cellulite, prima di essere un problema estetico, è un problema circolatorio. È infatti una alterazione del tessuto cutaneo dovuta all’accumulo di liquidi che ha un nome scientifico : PEFS cioè Panniculopatia Edemato Fibro Sclerotica. La sua comparsa è causata principalmente da un’alterazione del microcircolo con accumulo di liquidi nei tessuti cutanei. Infatti ne possono soffrire sia le persone magre che le sovrappeso, maggiormente le donne ma anche gli uomini. Spesso si associa a problemi di circolazione o a ristagni edematosi  e viene associata a sensazioni di pesantezza, gambe gonfie e talvolta anche dolenti. In quanto problema medico anche il  mondo della fisioterapia si sta avvicinando sempre di più al trattamento della cellulite, andando a creare insieme al medico estetico, al nutrizionista e al personal trainer una vera e propria equipe, in grado di prendere in gestione a 360 gradi il benessere fisico ed estetico di una persona.

Perché chi ha problemi di circolazione agli arti inferiori deve fare i conti, oltre che con il problema estetico, anche con quello funzionale e della performance nelle attività che fa.

COSA CAUSA LA CELLULITE

Sicuramente è una peculiarità femminile e ha cause multifattoriali:

  1. Fattori genetici, sono i principali responsabili dell’accumulo di adipociti distribuiti a livello del derma
  2. Fattori ormonali, direttamente coinvolti nel metabolismo dei grassi, della circolazione venosa e linfatica e influenti sulla ritenzione idrica
  3. Fattori posturali, che influenzano in maniera positiva o negativa il sistema del microcircolo a livello degli arti inferiori
  4. Fattori abitudinari, inteso come la capacità delle donne di rispettare una corretta abitudine alimentare

Ci teniamo a sottolineare però che il mondo maschile non è esente da tale patologia, specie in presenza di problemi alimentari e sovrappeso.

 

ECCO PERCHÉ RIVOLGERSI AD UN FISIOTERAPISTA PER IL TRATTAMENTO DELLA CELLULITE!

Visto il coinvolgimento della POSTURA e delle abitudini la fisioterapia è in grado di riuscire ad intervenire in maniera significativa sul trattamento della cellulite.

Primo passo da fare per approcciarsi al trattamento di questa disfunzione è la

  1. valutazione posturale che consiste in una valutazione del cammino con un focus sul piede, il cui appoggio è fondamentale per un corretto funzionamento del sistema linfatico e circolatorio.Si possono valutare vizi posturali con una analisi del passo che permette di verificare la presenza di vizi posturali che potrebbero interferire con il sistema circolatorio e linfatico.
  2. classificazione del tipo di cellulite: dura, flaccida, edematosa o mista.

Il suo inquadramento risulta importante perché ogni tipologia di cellulite risponde in maniera specifica a una determinata energia fisica e ha quindi bisogno di un trattamento ad hoc con delle terapie fisiche appopriate, con l’utilizzo di elettromedicali come  ONDA D’URTO, TECAR, ULTRASUONO ed ELETTROTERAPIA. Senza tralasciare i trattamenti manuali come il drenaggio linfatico sia con metodo Vodder che Godoy e il massaggio profondo che hanno dimostrato un effetto scientificamente provato della loro efficacia.

È importante inoltre raccogliere le principali informazioni sulla donna perché sono fondamentali per un corretto approccio: età, professione, e quindi la posizione prevalente durante il giorno, patologie, numero di gravidanze, sport praticati, abitudini alimentari, idratazione ed eventuali traumi pregressi.

Vanno valutate anche la presenza di zone dolorose alla palpazione, e si può utilizzare un thermoscanner per valutare la temperatura delle varie aree da trattare e quindi l’attività del sistema circolatorio, sappiamo infatti che a zone cutanee più fredde corrispondono zone con maggior problemi circolatori.

Una volta raccolte tutte queste informazioni si programma un percorso mirato a ottenere il risultato desiderato.

COME SI TRATTA LA CELLULITE?

Il percorso è caratterizzato dall’uso di particolari elettromedicali la cui scelta è influenzata dalla tipologia di cellulite da affrontare.

I mezzi fisici più utilizzati sono:

  1. ONDA D’URTO: sono onde meccaniche che stimolano il metabolismo e la circolazione, aumentando la proliferazione cellulare. Studi scientifici hanno mostrato il loro effetto positivo in termini di rimodellamento del collagene all’interno del derma stimolando la circolazione del tessuto adiposo.
  2. TECAR TERAPIA: è una terapia elettromagnetica, che genera calore all’interno dell’area trattata con un grande effetto terapeutico migliorando la perfusione sanguigna, l’apporto di nutrienti e di ossigeno nell’area interessata.
  3. ULTRASUONO: l’uso di energia ultrasonica genera effetti sui processi fibrotici favorendo l’assorbimento di edema ed aumentando la circolazione sanguigna e linfatica migliorando così l’orientamento delle fibre collagene del tessuto connettivo.
  4. DRENAGGIO: può essere effettuato con tecniche manuali o attraverso uso di elettroterapia e permette di ridurre il liquido accumulato nell’area interessata dalla cellulite.

La fisioterapia offre dunque un approccio al trattamento della cellulite da un punto di vista patologico/funzionale in grado di raggiungere risultati certi e duraturi nel tempo e non soffermandosi quindi solo al risultato estetico ma puntando a migliorare la funzionalità della zona, andando a tracciare un vero e proprio percorso di benessere della donna.

FISIOTERAPIA DERMATOFUNZIONALE

COS’È LA FISIOTERAPIA DERMATOFUNZIONALE?

La fisioterapia dermatofunzionale si occupa di tutte le disfunzioni del sistema tegumentario, le malattie endocrine, le metaboliche, le vascolari, non soltanto delle alterazioni di natura estetica.

La fisioterapia dermatofunzionale è un’area della fisioterapia abbastanza recente, specie in Italia. Fino a pochi anni fa i fisioterapisti dermatofunzionali venivano collocati nel campo  della fisioterapia estetica, questo però non rendeva giustizia alla sfera delle attività di questa branca della fisioterapia. 

La fisioterapia dermatofunzionale è molto conosciuta e praticata in America Latina con una consolidata e approfondita letteratura scientifica. In Europa e in Italia questa branca della fisioterapia, grazie soprattutto all’opera della professoressa Patricia Froes che tiene corsi di formazione professionalizzanti, inizia ad avere una notevole diffusione ed un considerevole successo. Anche la formazione universitaria guarda con attenzione lo sviluppo di questa branca di fisioterapia tanto che si sta valutando di inserire corsi appositi nel corso di laurea di fisioterapia presso le facoltà di medicina e chirurgia che formino sulla dermatologia, sulla chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica e perché vengano avviati tirocini professionalizzanti di fisioterapia dermatofunzionale e riparativa.

Nella guida della pratica del fisioterapista pubblicata dall’ AMERICAN PHYSICAL THERAPY ASSOCIATION (APTA, 2001) è contenuta la specializzazione in fisioterapia dermatofunzionale.  Il fisioterapista che si occupa della pelle, chiamato “intergumentary patterns” procede ad interventi con azione preventiva, secondaria e terziaria, con riduzione dei rischi di malattie dei tessuti molli, formazioni di ulcere ed alterazioni che si estendono sino alle fasce, muscoli o parti ossee.

IL FISIOTERAPISTA DERMATOFUNZIONALE

Il fisioterapista specializzato in dermatofunzionale, oltre che collaborare in team con chirurgo estetico, flebologo, dermatologo, nutrizionista, è in grado di programmare la somministrazione di terapie fisiche, decidendone il dosaggio, il tipo di tecnologia e sul protocollo migliore da praticare.

Quindi ci si rivolge al fisioterapista dermatofunzionale sia per tutti i trattamenti conservativi atti ad un miglioramento funzionale ed estetico del nostro corpo sia per il trattamento post chirurgico riguardante interventi di medicina plastica, estetica e ricostruttiva.

 

Il percorsi di formazionde del terapista dermatofunzionale permette di analizzare gli aspetti del derma ed i suoi elementi più importanti:

  • analisi posturale
  • osservazione degli edemi;
  • analisi del tono muscolare;
  • analisi del dolore e della sensibilità;
  • valutazione delle cicatrici;
  • analisi della qualità e della tipologia di pelle

per quanto riguarda le aree di intervento in cui il fisioterapista opera in fase conservativa e post chirurgica sono:

  • Cellulite
  • Grasso localizzato
  • Cicatrici
  • Lifting viso
  • Lassità cutanee
  • Mastoplastiche
  • Rinoplastiche

La fisioterapia dermatofunzionale quindi avrà sempre più un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento delle persone che vogliono prendersi cura del proprio aspetto a tutto campo.

 

ESERCIZI DI CENTRAGGIO DELLA TESTA OMERALE

La spalla è un’articolazione complessa, composta di varie strutture ossee, muscolari, tendinee ecc.

Nel loro movimento, queste strutture devono coordinarsi in maniera perfetta per consentire un movimento armonico e completo.

 

Nella riabilitazione di spalla diamo quindi molta importanza ad esercizi che coinvolgano proprio la coordinazione di queste strutture, e tra questi in particolare agli esercizi di centraggio della testa omerale.

 

Dopo un infortunio, o un intervento, abbiamo spesso uno squilibrio tra le varie strutture muscolari, che alterano la posizione dei capi ossei e possono ridurre o addirittura impedire alcuni movimenti.

 

Un’attivazione eccessiva del muscolo deltoide, per esempio, porta ad una risalita della testa omerale, causando problemi nell’elevazione del braccio. Esistono tuttavia degli esercizi che possono controbilanciare questa azione, andando a riportare in sede la testa omerale e a tenerla ben centrata.

 

È importante avere un’ottima conoscenza dell’anatomia e delle linee di forza dei singoli muscoli, in quanto alcuni esercizi controintuitivi sono spesso fondamentali per la riuscita corretta del movimento: ci capiterà di spingere IN BASSO per portare il braccio in alto!

 

Utilissimi a questo fine alcuni gruppi muscolari:

 

 

 

I DEPRESSORI OMERALI: nello specifico grande pettorale, gran dorsale e grande rotondo, sono muscoli in grado di abbassare la posizione della testa omerale. Questa azione, che potrebbe sembrare svantaggiosa, è in realtà fondamentale perché garantisce il mantenimento di un corretto spazio subacromiale, e dunque un movimento indolore.

 

 

 

LA CUFFIA DEI ROTATORI: sovraspinato, sottospinato, piccolo rotondo e sottoscapolare. Sono muscoli che circondano la testa omerale e hanno la grande capacità di mantenerla nella sua sede e stabilizzarla. Uno squilibrio nell’azione della cuffia dei rotatori è alla base di buona parte delle patologie di spalla.

 

 

Se anche tu hai dolore alla spalla chiamaci al 3289749509

RETURN TO SPORT

Dopo un infortunio tornare a fare sport, al lavoro o riprendere con i propri hobby (camminate, palestra, nipoti) non è per nulla scontato. L’attività intensa, ci sottopone spesso a carichi alti, improvvisi, e soprattutto imprevedibili, che non possono venire ignorati durante il percorso riabilitativo.

 

Quanti calciatori vediamo infatti rientrare in campo dopo un infortunio, per poi uscirne di nuovo dopo poche settimane per qualche recidiva o altri infortuni collegati? Quante persone tornano al lavoro pensando di essere guariti e dopo per tirare avanti devono imbottirsi di farmaci?

Questo avviene poiché spesso nella riabilitazione ci si ferma quando il paziente non ha più dolore e ha recuperato la mobilità. Ma come possiamo pretendere che un attaccante torni ad eseguire scatto dopo settimane di fermo? Dobbiamo addestrarlo al recupero del gesto sport-specifico, e soprattutto alla prevenzione delle recidive, perché (a meno di traumi) se il paziente ha subito una problematica un motivo c’è, ed è nostro dovere individuarlo e correggerlo.

 

RETURN TO SPORT

 

Terapia manuale, elettromedicali e piccoli esercizi ambulatoriali non bastano insomma, ciò che dobbiamo riuscire a fare in un buon programma riabilitativo è ricostruire le sollecitazioni che il paziente subirà una volta inserito nella sua attività fisica: un cestista va allenato a saltare, un calciatore dev’essere pronto ai cambi di direzione, un karateka deve saper parare e reagire fulmineamente.

Qui allo studio di Fisioterapia Pio X non ci limitiamo ad estinguere il dolore del paziente, ma ci assicuriamo che possa tornare allo sport in totale serenità e sicurezza. Una volta gestito il dolore e la limitazione del paziente infatti, proponiamo sempre un proseguimento del programma riabilitativo nella nostra fornitissima palestra, e qui non ci limitiamo ad aumentare il carico, ma analizziamo nella maniera più specifica i gesti, i movimenti e le attività che il nostro paziente dovrà tornare ad eseguire.

Non dimentichiamo poi un altro tassello fondamentale: i test.

Il paziente non può procedere casualmente, sentirsi dire “prova a tornare in campo/ vedi come va/ in teoria dovresti essere a posto”, perché ha bisogno di sicurezza, nessuno di noi ha voglia di “provare” a vedere se sente male.

Per questo motivo ogni gesto e ogni tappa del percorso riabilitativo viene monitorata tramite test validati nella letteratura scientifica, che danno in primis la prospettiva al paziente di quanto sia migliorato nel corso del tempo in maniera oggettiva, e ci forniscono poi un ottimo grado di sicurezza per il ritorno alle attività provocative.

Ogni paziente, ogni sport e ogni attività lavorativa e non hanno necessità differenti e noi teniamo conto di tutto, per questo tutti i nostri protocolli vengono modificati e adattati al singolo paziente, e i risultati non mentono!

Chiamaci per fissare un appuntamento e così sarai più sicuro su come e quando riprendere le tue attività

 

 

 

TALLONITE

Ti è mai capitato di alzarti al mattino e sentire una fitta fortissima sulla pianta del piede a livello del tallone?

Potrebbe trattarsi di tallonite, cioè un’infiammazione che colpisce la parte posteriore ed inferiore del piede.

Questo dolore può riguardare uno o entrambi i piedi. Di solito il dolore è più forte al mattino per poi attenuarsi durante la giornata.

Il dolore causato da questa infiammazione può essere presente anche a riposo e senza poggiare il piede a terra, specialmente la sera dopo una giornata di lavoro magari con le scarpe antinfortunistiche.

La tallonite oltre a rendere difficile la camminata limita moltissimo le attività quotidiane extralavorative.

La maggior parte delle condizioni dolorose del tallone migliora con trattamenti farmacologici e riabilitativi, raramente si arriva alla chirurgia.

Innanzitutto è importante una valutazione medica, per trovare la causa esatta della tallonite, ed i fattori aggravanti (scarpe, tipo di lavoro, peso)  così da poter iniziare un regime di trattamento adeguato. Non dimentichiamo infatti che tallonite, fasciopatia plantare, borsite, tendinopatia, malattie reumatiche possono presentarsi in maniera molto simile, ma richiedono trattamenti completamente differenti.

Dopo la valutazione inizia il percorso di recupero, che conta varie componenti: dall’assunzione di farmaci antinfiammatori, all’utilizzo di bendaggi specifici, plantari o tutori, all’adattamento della scarpa da utilizzare.

Qual’è il ruolo del fisioterapista ?

Il fisioterapista è in grado di valutare a perfezione il sistema muscoloscheletrico e in particolare andrà ad esaminare tutte le strutture collegate al tallone, visionando le indagini strumentali prescritte dal medico di base o dal medico specialista. E’ infatti fondamentale non limitarsi a gestire solo il sintomo, ma anche capirne la causa, per impedire che ci siano recidive o che si sviluppino con il tempo problematiche più gravi.

Dopo la valutazione funzionale si inizia con la FASE 1 DEL PERCORSO RIABILITATIVO : RIDUZIONE DEL DOLORE E DELL’INFIAMMAZIONE : il  fisioterapista ha una serie di opzioni terapeutiche in grado di dare sollievo immediato al paziente in fase acuta: tecniche manuali, laserterapia, tecarterapia e onde d’urto sono tutte utilissime nella fase acuta per dare respiro al paziente.

NELLA SECONDA FASE grazie ad un’analisi completa del sistema di movimento, del passo, delle articolazioni circostanti, si può impostare un programma di esercizi completo e specifico per correggere eventuali anomalie ed eliminare il problema alla radice. Non dimenticate infatti che i terapisti hanno accesso a specializzazioni in ambito di rieducazione posturale e funzionale, recupero propriocettivo ed esercizio terapeutico, e sapranno valutare ogni vostra esigenza al meglio.

 

NELLA TERZA FASE, STABILIZZAZIONE DEI SINTOMI  E MIGLIORAMENTO DELLE PERFORMANCE MOTORIE, il paziente viene gestito totalmente nella nostra FISIOPALESTRA, in modo da eseguire esercizi di rinforzo, propriocezione ed equilibrio.

Per avere maggiori informazioni puoi contattarci  al  328 9749509 e fissare un appuntamento o leggere un articolo più approfondito al seguente link :

https://www.fisioterapiaitalia.com/patologie/piede-e-caviglia/tallonite/

 

 

 

 

POSTURA E RIEDUCAZIONE POSTURALE

POSTURA  E RIEDUCAZIONE POSTURALE

Postura: la posizione che il nostro corpo occupa nello spazio. Questo grazie al tono muscolare e al pretensionamento dei muscoli statici. Inoltre la postura subisce l’influenza di molti fattori come la psicologia della persona e il suo patrimonio genetico, le afferenze esterne sia fisiche che ambientali, e l’adattamento all’ambiente che sviluppiamo nel orso della vita.

Ma quale è la postura ideale? E quella corretta? Quali persone hanno una schiena perfetta? 

Sono argomenti molto interessanti e sui motori di ricerca sono temi molto ricercati. Ci sono inoltre le teorie della Rieducazione Posturale, espresse in diversi modi, dalle tecniche di RPG, RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE,  al METODO MEZIERES: tecniche insegnate in molti corsi post laurea ed utilizzate ancora ad oggi, attuali e  funzionanti. Tali tecniche si sono però evolute nel corso degli anni, adattandosi agli aggiornamenti scientifici e integrandosi con le altre tecniche riabilitative.

Ci sono molte tecniche riabilitative posturali differenti ed ognuna di esse, con manovre ed accessori diversi, mira allo stesso fine: il raggiungimento di una postura che possa far star bene il paziente. Il miglioramento permette di avere una buona qualità di movimento. Perciò la rieducazione posturale è un’attività adatta a tutti coloro che vogliono prendersi cura del proprio corpo, ritrovare la mobilità e che desiderano correggere le proprie cattive posture.

Il fine è semplice: mantenere la giusta posizione della schiena e quindi una buona postura e la stabilizzazione del bacino.

Cosa è la ginnastica posturale?

È una ginnastica che lavora i muscoli, in base alle caratteristiche personali di ognuno, a volte della catena estensoria a volte della catena flessoria. In tal modo si favorisce il “giusto tono” di tutti i muscoli della catena. Per esempio  si lavora sugli addominali per consentire ai muscoli estensori della colonna di attivarsi senza creare dolori al tratto lombare e permettendo la posizione corretta dei segmenti bacino/colonna tra loro. Si lavora sia in piedi che se stesi e seduti, con aiuto dello specchio o ad occhi chiusi, con ausili come bastoni, pesetti, cuscini gonfiabili o a corpo libero. Inoltre il lavoro può essere individuale o di gruppo.

 

Ma chi o cosa controlla la postura?

Quando si parla di postura si parla di un sistema posturale cioè di un sistema “informativo” perché è un sistema che riceve innumerevoli informazioni che arrivano al sistema nervoso centrale da altri sistemi al fine di poter controllare il gesto motorio e quindi la postura.

Queste informazioni, INPUT in gergo tecnico, provengono da recettori di due tipi che si trovano in organi differenti:

1- Recettori esterocettivi posturali: di questa categoria di recettori fanno parte l’occhio, l’orecchio interno, l’ATM o articolazione temporomandibolare e il piede.

2- Recettori propriocettivi posturali: questi sono tutti quei recettori che ci consentono di sapere dove si trova ogni parte del nostro corpo nello spazio. Per esempio quelli che ci consentono di sapere se abbiamo le ginocchia dritte o piegate, se la testa è inclinata, ecc.

Dove troviamo i propriocettori nei vari tessuti? Le terminazioni nervose specializzate per la propriocezione si trovano nei muscoli, nelle articolazioni, nei legamenti, nella fascia, nei tendini, nella pelle.

Cambiamenti posturali influenzano la propriocezione e, viceversa, i cambiamenti della propriocezione influenzano le posture strutturali e dinamiche.

Grazie al lavoro dei propriocettori, che inviano costantemente segnali al sistema nervoso centrale, abbiamo continui cambiamenti nella postura.

 

GINNASTICA POSTURALE: A COSA SERVE

Ginnastica Posturale tratta tutte le alterazioni del sistema muscolo scheletrico, sia dolorose che non dolorose, come ad esempio:

  • La scoliosi e le curve anomale della colonna come shift laterali e paramorfismi
  • L’ipercifosi dorsale e le spalle anteposte
  • L’iperlordosi o la retroversione della curva lombare
  • Il ginocchio varo o valgo
  • Il piede piatto o cavo
  • Dolori alla colonna come: dorsalgie, lombalgie, lombosciatalgie, cervicalgie, cervicobrachialgie
  • Dolori ai piedi e alle caviglie: metatarsalgie, fasciti plantari, piedi del maratoneta

Il campo di utilizzo della Rieducazione Posturale e i suoi potenziali beneficiari sono molti, dai giovani che bisogno di migliorare le catene muscolari o che devono correggere delle curve, a coloro che in età adulta presentano sintomi dolorosi, a coloro che, dopo traumi o interventi, necessitano di aiuto per ritrovare la giusta postura.

I trattamenti possono essere individuali o di gruppo, in base alle esigenze del singolo e alla valutazione del fisioterapista.

 

 

SCOLIOSI, SE LA CONOSCI LA EVITI

Che cos’è la scoliosi? Mio figlio sta dritto con la schiena? Quello zaino così pesante gli fa bene? Non rischierà di piegarlo in avanti?

Queste domande colgono ogni genitore all’inizio dell’anno scolastico del proprio figlio: negli ultimi anni sembra che i libri scolastici non finiscano mai e vediamo spesso i nostri ragazzi portare sulle spalle pesi importanti. Con questo articolo vogliamo quindi aiutarvi a risolvere alcuni di questi dubbi: parleremo di cos’è la scoliosi, come si tratta, e che influenza hanno gli zaini troppo pesanti sui nostri pargoli. Iniziamo!

La scoliosi è una patologia dell’età evolutiva, che quindi colpisce i ragazzi giovani e che prosegue fino alla completa maturazione scheletrica (età adulta), in cui si stabilizza e li accompagnerà poi per tutta la vita. Si tratta di una deformità della colonna vertebrale, che dalla sua struttura verticale (da cui appunto il nome “colonna”) ottiene un’alterazione su più piani dello spazio. Abbiamo quindi una colonna che subisce una deviazione o una rotazione, portando il tronco del ragazzino a deformarsi più o meno gravemente.

 

La scoliosi di per sé non è per forza causa di dolore (fuorchè nei casi più gravi), ma è sicuramente un fattore predisponente, in quanto varia l’assetto normale della colonna. Non solo, ricordiamo che si tratta di una patologia che è in grado di degenerare durante l’adolescenza e che, una volta stabilizzatasi nell’età adulta, non potrà mai più essere corretta. E’ quindi fondamentale l’opera di prevenzione, da attuarsi fin nelle primissime fasi dell’adolescenza, tramite visite fisiatriche e consulti fisioterapici di controllo. I professionisti, nel caso sospettassero qualche alterazione in via di sviluppo, vi indirizzeranno al fare tutti gli approfondimenti del caso (tendenzialmente partendo da dei raggi di controllo). Se i controlli vengono eseguiti per tempo è quasi sempre possibile evitare il ricorso ad interventi chirurgici e ridurre l’utilizzo di busti/ortesi al minimo indispensabile.

Ma come si tratta la scoliosi??

L’approccio alla scoliosi è multifattoriale, e prende quindi in considerazione più professionisti. Il fisiatra di riferimento saprà decidere sulla necessità o meno di utilizzare un busto, dopodiché il lavoro passa al fisioterapista. Una volta valutata la scoliosi del ragazzo, il fisioterapista imposta un programma di esercizi volto ad allungare le catene muscolari corte e a rinforzare simmetricamente le strutture della colonna. Diffidate di chi dice che può “riallineare” le vertebre o manipolarle: se potessimo spostarle a piacimento la scoliosi non esisterebbe più! E’ poi fondamentale una sana attività sportiva per mantenere il proprio figlio in attività.

 

Che sport dovrebbero fare i ragazzi con scoliosi?

Per anni è stato consigliato il nuoto come sport ideale per l’assetto della colonna, poi alcuni studi scientifici ne hanno negato i benefici, ad oggi di fatto sembra vada bene come tutti gli altri. Dei principi generali comunque dovrebbero farci preferire degli sport in carico (il nuoto togliendo la gravità non fa lavorare la colonna lungo l’asse) e possibilmente simmetrici, che quindi lavorino entrambi i lati del corpo in egual misura (arti marziali, ginnastica, palestra, pilates ecc). Questi comunque sono solo principi generici, e se il ragazzo esegue con costanza i suoi esercizi e svolge una buona attività globale, non c’è motivo per cui non possa farsi anche una partitella di tennis ogni tanto!

Ma tornando alla scuola… E gli zaini?

Il carico importante sulla schiena è sempre stato percepito come pericoloso o gravoso per la schiena dei nostri figli. Di fatto, vari studi scientifici che hanno provato a indagare l’impatto di zaini pesanti sul mal di schiena o lo sviluppo di scoliosi non sono riusciti a dimostrare chiare associazioni tra i due. Sembra quindi che lo zaino in sé non sia il problema, ma potrebbe contribuire. Se prendiamo infatti un bimbo magari già predisposto alla scoliosi (per genetica/ familiarità, inattività ecc) il peso dello zaino e la difficoltà del bambino nel gestirlo potrebbero sicuramente accelerare l’evoluzione della patologia, ed è dunque fondamentale ricorrere alle visite e ai trattamenti di cui abbiamo discusso poco fa.

E se avete dei dubbi, chiamateci o venite a trovarci, sapremo aiutarvi nel risolverli al meglio!

 

 

RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA DELLA CAVIGLIA E ARTO INFERIORE

La propriocezione è il nostro “sesto senso”: è la capacità del nostro corpo di capire qual è la sua posizione nello spazio. E’ un concetto un po’ difficile da comprendere, perciò facciamo subito un esempio per capirlo: chiudete gli occhi, e provate a infilare una mano nella tasca dei pantaloni. Riuscirete probabilmente a farlo senza problemi, ma come avete fatto a mettere la mano subito nel posto esatto senza guardare? L’avete fatto grazie alla propriocezione: milioni di recettori all’interno del vostro braccio segnalano al sistema nervoso ogni piccolo spostamento, permettendo quindi al cervello di ricostruire la posizione del corpo all’interno dello spazio con una precisione altissima. La propriocezione si può allenare (vi sarà capitato di fare una battuta a pallavolo o a tennis e mancare la palla, ma allenandovi ciò succederà sempre meno), ma può anche degenerare, soprattutto in seguito a qualche trauma.

 

In seguito ad infortuni o patologie il deficit nella propriocezione può portare a instabilità o traumi ulteriori, poiché non controlliamo più correttamente il nostro corpo. Ciò è vero soprattutto nel caso delle instabilità (di spalla, di ginocchio, di caviglia ecc). Panjabi, uno studioso che si è occupato di approfondire questi aspetti, già nel 1992 definiva i 3 pilastri della stabilità:

  1. Elementi passivi – Ossa, legamenti, capsule articolari sono strutture passive che hanno il compito di fornire una stabilità di base;
  2. La muscolatura – Componente fondamentale della stabilità, senza una muscolatura forte non siamo in grado di stabilizzare l’articolazione;
  3. La propriocezione – Non basta che la muscolatura sia forte, abbiamo anche bisogno che si attivi al momento giusto! Posso avere un bicipite o un sottoscapolare enormi, ma se non si attivano esattamente nel momento in cui cado e tardano anche solo di qualche centesimo di secondo, la mia spalla si lusserà comunque.

Notiamo quindi da subito l’importanza del terzo pilastro nel mantenere la stabilità articolare, e abbiamo inoltre detto che possiamo appunto recuperare, allenare e migliorare la propriocezione.

Da qui nasce la Riabilitazione Propriocettiva.

Questo tipo di riabilitazione si fonda sull’esecuzione di esercizi che devono essere il più possibile informativi per il nostro sistema nervoso, per allenare la sua comunicazione con i nostri recettori. Parliamo di esercizi di equilibrio, con superfici instabili, di percezione del corpo ad occhi aperti e chiusi. Tendenzialmente si parte sempre a corpo libero, con esercizi che per l’arto inferiore possono essere di equilibrio o stabilità, mentre per l’arto superiore di controllo e posizionamento corretto del braccio. Il terapista dovrà poi aumentare progressivamente la difficoltà dell’esercizio, aggiungendo sempre più stimoli. Si passerà quindi a esercizi su superfici instabili (tavolette propriocettive, bosu, skimmy, fitball) su due gambe, su una gamba sola e a occhi chiusi, e all’utilizzo di attrezzature instabili (fluiball, slashpipe) per mettere in difficoltà e allenare il sistema recettoriale del paziente. Qui allo studio di fisioterapia Pio X siamo attrezzati con tutti i mezzi per garantire un allenamento e un recupero perfetto e la prevenzione di recidive.

 

Non esitare a chiamarci se hai avuto una distorsione di caviglia o di ginocchio e senti che la sitiazione non è tornata come prima del trauma, quello potrebbe mancare è proprio la rieducazione propriocettiva.

 

 

 

DISTORSIONE DI CAVIGLIA – COS’E’ E COME TRATTARLA

La Distorsione di Caviglia è una patologia che colpisce spesso la popolazione, sportiva e non, al di sotto dei 40 anni. Si tratta di uno dei traumi più frequenti a causa di vari fattori: la mobilità della caviglia (molto ampia, che quindi si adatta a molti movimenti diversi ma è poco stabile), la posizione della caviglia (che la costringe a sopportare quasi tutto il peso del corpo) e l’assenza di programmi di prevenzione effettuati con costanza, soprattutto in ambito sportivo.

 

 

 

Ma che cos’è la distorsione?

Si tratta di un trauma che coinvolge l’articolazione tibio-astragalica, con un movimento “esagerato” che va quindi a stirare i tendini, i legamenti e/o la capsula articolare. Nella stragrande maggioranza dei casi coinvolge la parte laterale esterna della caviglia, ma in alcuni casi di trauma particolare ciò può avvenire anche medialmente.

In caso di trauma leggero non vi saranno lesioni importanti e il corpo sarà in grado di recuperare perfettamente. In situazioni più impattanti potremmo però avere la lesione di alcune componenti (più spesso i legamenti peroneo-astragalici o peroneo-calcaneare), il che potrebbe portare ad un’instabilità permanente, con il rischio elevato di recidive.

Subito dopo una distorsione avremo molto spesso dolore e gonfiore alla caviglia, con il possibile svilupparsi di un ematoma nella porzione laterale dell’articolazione, vicino al malleolo o verso le dita del piede. E’ possibile che si riesca comunque a dar peso al piede, oppure che il dolore impedisca anche solo di camminare.

Cosa fare dopo una distorsione di caviglia?

E’ sicuramente opportuno confrontarsi con un professionista. A seconda della gravità del trauma si potrebbe anche decidere di passare direttamente per il pronto soccorso, dove tendenzialmente verranno svolti dei raggi di controllo e applicato un bendaggio. Un fisioterapista preparato conoscerà comunque le Ottawa Ankle Rules, che nel 98% dei casi sono in grado di predire la necessità o meno di svolgere delle RX per escludere fratture (risparmiandoci spesso raggi indesiderati..) quindi consigliamo di contattare il vostro terapista di fiducia.

Subito dopo le linee guida internazionali consigliano di applicare il protocollo PEACE & LOVE:

  • P di Protection o Protezione – evitare qualsiasi attività che causi o peggiori il dolore
  • E di Elevation o Elevazione – mantenere l’arto sollevato, per ridurre la formazione di gonfiore
  • A di Avoid Antinflammatory drugs o evitare antinfiammatori – L’infiammazione è un processo fondamentale per la guarigione del tessuto, ed è dunque più opportuno puntare sugli antidolorifici per non compromettere i processi di riparazione
  • C di Compression, o Compressione – un bendaggio o una calza elastica aiutano a ridurre il gonfiore
  • E di Education o Educazione – il terapista di riferimento vi spiegherà la vostra condizione clinica, cosa potete/non potete fare e come guarire al meglio
  • L di Load, o Carico – il movimento non va evitato, ma anzi incoraggiato se dosato correttamente. Tutto il peso e la forza che riesco a dare all’articolazione senza dolore DEVO darlo
  • O di Optimism, o Ottimismo – la gran parte delle distorsioni si può trattare con ottimi risultati, non abbattetevi e mantenete un pensiero positivo: ciò aiuterà il vostro sistema nervoso a migliorare la guarigione
  • V di Vascularisation o Vascolarizzazione – eseguire attività aerobiche che non provochino dolore, anche in zone distanti dall’infortunio. Ciò aumenterà l’afflusso sanguigno ai tessuti che necessitano del processo riparativo
  • E di Exercise, o Esercizio – L’esercizio sarà la chiave di volta per il vostro recupero, iniziate fin da subito con piccoli movimenti e affidatevi poi al vostro terapista

 

E la riabilitazione in cosa consiste?

Nella prima fase la terapia manuale e alcuni agenti fisici (laser o tecarterapia) vi aiuteranno a ridurre il dolore e il gonfiore e velocizzare i processi riparativi, aumentando nel contempo la mobilità della vostra caviglia. Man mano che la caviglia torna a muoversi correttamente si inizierà con gli esercizi in carico, per ripristinare anche la forza muscolare. L’ultimo fattore, ma non meno importante, è il recupero della stabilità e la prevenzione di ulteriori recidive. Tramite esercizi di equilibrio, riabilitazione propriocettiva (inserire link) e attivazioni muscolari specifiche andiamo a ricostruire la stabilità della caviglia. Soprattutto nel caso di lesioni dei legamenti dovremo addestrare la muscolatura a supplire ai legamenti: impediremo quindi che ci capiti di nuovo questo spiacevole infortunio!!

 

Per avere maggiori informazioni puoi contattarci o leggere un articolo piuù approfondito al seguente link:

https://www.fisioterapiaitalia.com/patologie/piede-e-caviglia/distorsione-della-caviglia/